Per l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi l’accordo di sponsorizzazione biennale tra l’As Roma e il gruppo saudita Riyadh season sarebbe «una vergogna». Già, perché la capitale saudita è in competizione proprio con Roma per l’assegnazione di Expo 2030, che verrà decisa a Parigi il prossimo 28 novembre, mentre la scelta della società di Dan Friedkin potrebbe (e perché mai?) indebolire la candidatura capitolina.

«Farsi sponsorizzare da quella roba lì è inopportuno, stiamo remando dalla stessa parte, bisogna essere uniti», tuona ancora Raggi intervistata da Repubblica. Poi, in un crescendo surreale a metà tra la Russia di Stalin e la Turchia di Erdogan, la leader grillina chiede alla As Roma di mostrare sulla maglia il logo di Expo 2030 per rimediare al danno. Viene da chiedersi in quale universo alternativo viva mai la presidente della Commissione Expo che pure il diritto dovrebbe conoscerlo: le squadre di calcio sono aziende private e non succursali del mondo politico, aziende che seguono i propri interessi commerciali e che, nei limiti della legge, sono libere di stringere accordi con chi desiderano quando e come desiderano.

L’As Roma non è una proprietà del comune o dello Stato italiano e ancor meno la sorridente mascotte della sua Commissione. E, se l’assegnazione di Parigi andrà male, non sarà certo per colpa di una squadra di calcio.