La recente sentenza della Corte di Giustizia Europea ha generato le reazioni atterrite di tifosi “passatisti”, come mirabilmente definiti da Errico Novi sulle pagine di questo giornale, e quelle fieramente contrarie di istituzioni calcistiche e club più o meno gloriosi (tra i quali anche coloro che inizialmente avevano sposato il progetto di Florentino Perez, presidente del Real Madrid e deus ex machina dell’operazione superlega). Tutti insieme a dire no allo spudorato progetto mercatista dei profanatori del tempio calcistico.

Ma se la superlega già esistesse? E, semplicemente, non ce ne siamo accorti, impegnati a sgolarci, intonando canti più o meno beceri che inneggiano alla nostra fanciullesca passione.

Analizziamo i numeri, partendo dal campionato italiano. Dal 1962 al 1992 ( trent’anni sono un periodo statisticamente significativo) hanno vinto la serie A - oltre Milan, Inter e Juventus – ben dieci squadre, tra le quali la Fiorentina, il Bologna, il Cagliari, il Verona, la Sampdoria, la Lazio, la Roma e il Napoli ( due volte). Il torneo era vivo ed equilibrato.

Nei trenta anni seguenti dal 1992 al 2022 hanno vinto solo e ripetutamente Milan, Juventus e Inter. Uniche eccezioni la Lazio di Cragnotti (correva l’anno 2000), con artifici contabili che hanno rischiato di far fallire il club, e la Roma di Sensi ( anno domini 2001), che per strappare il tricolore ai cugini ha dilapidato quasi la metà di un ingentissimo patrimonio personale. Il torneo, quasi mai, è stato avvincente e ha sempre avuto un solo “padrone”: cambiavano solamente i colori delle strisce.

In Europa, analizziamo la Coppa dei campioni e la Champions League che l’ha sostituita, dalla metà degli anni Novanta, con la dichiarata finalità, aumentando il numero dei club in competizione, di garantire la redistribuzione più equa degli introiti. Nei trent’anni dal 1962 al 1992 il trofeo è stato vinto – oltre che da Milan, Inter, Juventus, Real Madrid, Manchester United, Liverpool, Barcellona e Bayern Monaco, cioè i più grandi club europei - da 16 squadre “minori” tra le quali il Benfica, il Celtic, il Feyenoord, il Nottingham Forest, l’Aston Villa, l’Amburgo, la Steaua Bucarest, il Porto, il PSV e la Stella Rossa.

Nei successivi trent’anni, dal 1992 al 2022, hanno vinto solo i grandi club con le uniche eccezioni di Borussia Dortmund e Porto ( ultimo successo di un outsider nel 2004). La storia è chiara. Sia in Italia che in Europa, negli ultimi trent’anni, vincono sempre le stesse squadre: quelle più ricche! Qualsiasi economista, non serve un premio Nobel, spiegherebbe che il sistema non è concorrenziale, cioè in parole povere, da tifoso, che la gara è truccata.

È evidente che distribuzione degli introiti, che il calcio genera, non avvenga in modo corretto. Cioè che gli utili continuino ad arricchire i club più grandi, rispetto ai quali la grandissima parte delle squadre avversarie fungono, più o meno dignitosamente, da sparring partner. Insomma la Superlega già esiste di fatto, al netto delle ipocrite dichiarazioni dei vertici del calcio europeo o mondiale.

Sostenere che il sistema esistente sia il trionfo del merito sul denaro, come fatto ieri dai responsabili di Uefa e Fifa, è affermazione che oscilla tra l’indecoroso e il ridicolo. Non immaginare che altri stakeholders lavorino per accaparrarsi un mercato così ricco, promettendo ai grandi club di salvarli dall’indebitamento grazie a nuove forme di finanziamento, è miope e passatista.

Sarebbe stato più intelligente ammettere che il sistema creato genera iniquità e anche troppi debiti; che bisognerebbe ridisegnarlo, magari prendendo ad esempio il buono (in termini di sostenibilità economica e redistribuzione dei redditi) di alcune leghe professionistiche; che il fairplay finanziario non ha funzionato, finendo per penalizzare alcuni e consentendo il pesante ingresso di capitali esteri che hanno definitivamente squilibrato la competizione.

Non possiamo sapere quale sarà il futuro del calcio dopo la sentenza di ieri della Corte di Giustizia, ma se solo avesse avuto l’effetto di (ri) aprire il dibattito sul calcio che verrà l’opera dei Giudici di Lussemburgo sarebbe di per sé meritoria.