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Fonti del Dipartimento dell’amministrazione le penitenziaria riferiscono dati allarmanti sul sovraffollamento: al 30 luglio 2024 le presenze sono salite a 61.133 a fronte di una capienza massima di 51.206. Le misure adottate dal governo nel recente Ddl di conversione del c. d. “decreto carceri” vanno nella direzione del rafforzamento delle garanzie costituzionali dei diritti del detenuto: si pensi alla liberazione anticipata che da beneficio a richiesta del detenuto viene gestito d’ufficio dagli uffici di procura. Come già anticipato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio devono però essere accompagnate da interventi strutturali in grado di coniugare libertà e sicurezza, assicurando la detenzione carceraria ai soggetti che presentano pericolosità sociale attuale e garantendo, invece, a particolari soggetti di ridotta pericolosità sociale, forme alternative di espiazione della pena. Per farlo serve prevedere circuiti alternativi al carcere per evitare il transito in carcere intervenendo sin dal primo momento processuale che vede protagonista il soggetto privato temporaneamente della libertà personale con l’arresto in flagranza di reato e sino alla condanna definitiva, selezionando gli imputati e i condannati che delinquono per ragioni legate al comprovato stato di tossicodipendenza, tenendo presente che il fattore di maggiore incidenza sul sovraffollamento è determinato dal transito penitenziario di qualcosa come 14 mila detenuti tossicodipendenti, pari a un quarto del totale. Sul punto, nel corso dell’anno 2021, in occasione dell’audizione tenuta alla Commissione giustizia della Camera, ebbi modo di illustrare la proposta volta al contenimento del transito in carcere di soggetti colti in flagranza di reato in stato di comprovata tossicodipendenza, poi recepita dal senatore Pierantonio Zanettin che ne fece oggetto di apposito emendamento ( AC 2435). Evidentemente, ragioni contingenti ne hanno impedito l’approvazione. Sta di fatto che oggi nell’infuocato
dibattito sul sovraffollamento delle carceri la suddetta proposta potrebbe essere attualizzata: a chi delinque per ragioni legate alla tossicodipendenza deve essere evitato il carcere e deve essere consentito l’accesso immediato alle sanzioni c. d. terapeutiche. Discorso diverso, invece, per il delinquente che strumentalmente adduce ragioni di tossicodipendenza. L’intervento, per funzionare, deve essere accompagnato dalla rinuncia dell’imputato all’impugnazione per rendere definitiva la condanna, unitamente alla rinuncia alla sospensione condizionale della pena, così aprendo la strada all’inizio dell’esecuzione penale, anziché attendere che ad occuparsene sia il magistrato di sorveglianza dopo molti anni dalla data del commesso reato. In tal modo, tra l’altro, verrebbe perfezionato l’attuale sistema processuale che già prevede l’assegnazione al giudice del merito la facoltà di applicare sanzioni sostitutive al carcere ( 546 bis c. p. p.).
Passando, invece, alla schiera dei condannati in via definitiva, già oggi è previsto (art. 656 co. 10 c. p. p.) che il soggetto condannato in via definitiva in regime di arresti domiciliari in comunità a seguire un programma terapeutico continua ad espiare la pena senza dover transitare per il carcere.
Insomma, portando a regime l’attuale sistema processuale potremmo incidere in maniera efficace sul sovraffollamento carcerario impedendone il transito a qualcosa come 14 mila prossimi soggetti destinati oggi non solo alla sicura carcerazione quanto al non riconoscimento dei diritti costituzionali di cui godono: il diritto ad una detenzione umana e dignitosa, il diritto alla vita e il diritto alle cure.
* procuratore di Civitavecchia