La Commissione europea ha pubblicato l’8 luglio la sesta relazione annuale sullo Stato di diritto nell’Ue, con puntuale attenzione a tutti e 27 gli Stati membri nonché ad alcuni in procedura di adesione all’Unione. A ciascuno di essi vengono indirizzate specifiche «raccomandazioni» che inquadrano comportamenti statuali capaci di rispondere alle criticità emerse nella relazione.

I quattro capitoli di questa concernono: 1) il sistema giudiziario; 2) il quadro anticorruzione; 3) la libertà e il pluralismo dei media; 4) i controlli e i contrappesi istituzionali. Con riferimento a questi quattro pilastri la relazione ne approfondisce l'impatto sul funzionamento del mercato unico e sul contesto operativo per le imprese che vi operano.

Circa la situazione dello Stato di diritto in Italia la Commissione, prendendo le mosse dalle osservazioni manifestate nella quinta relazione (2024), scrive che rispetto alle raccomandazioni lì formulate il nostro Paese ha realizzato: «alcuni ulteriori progressi nel proseguire l'impegno volto a migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione nelle sedi penali e nelle procure; alcuni progressi nell'adozione della proposta legislativa pendente in materia di conflitti di interessi, e progressi limitati nell'adozione di norme complessive sul lobbying per l'istituzione di un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi, compresa un'impronta legislativa; ancora nessun progresso nell'affrontare efficacemente e rapidamente la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e nell'introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne; alcuni progressi nel provvedere affinché siano in vigore disposizioni o meccanismi che assicurino un finanziamento dei media del servizio pubblico adeguato per l'adempimento della loro missione di servizio pubblico e per garantirne l'indipendenza; nessun ulteriore progresso nel portare avanti il processo legislativo del progetto di riforma sulla diffamazione e sulla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, evitando ogni rischio di incidenza negativa sulla libertà di stampa e tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti; nessun ulteriore progresso nell'intensificare gli sforzi per costituire un'istituzione nazionale per i diritti umani tenendo conto dei principi di Parigi delle Nazioni Unite [la risoluzione 48/ 134 del 1993 dell’Assemblea generale delle N. U. enuncia i princìpi, scaturiti dal seminario internazionale promosso a Parigi nel 1991 dalla Commissione per i diritti umani delle N. U. stesse (oggi diventata Consiglio per i diritti umani), che dovrebbero informare le istituzioni nazionali volte alla salvaguardia di tali diritti]».

Basandosi ora su queste considerazioni, anche tenendo conto «di altri sviluppi intervenuti nel periodo di riferimento, oltre a ricordare gli impegni pertinenti assunti nell'ambito del piano per la ripresa e la resilienza nonché le pertinenti raccomandazioni specifiche per paese nel quadro del semestre europeo», la Commissione dell’Ue raccomanda all'Italia di: «completare il sistema digitale di gestione delle causenelle sedi penali e nelle procure; adottare la proposta legislativa pendente in materia di conflitti di interessi e intensificare l'impegno per adottare norme complessive sul lobbying per l'istituzione di un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi, compresa un'impronta legislativa; intensificare l'impegno per affrontare efficacemente e rapidamente la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sulfinanziamento dei partiti e delle campagne; portare avanti l'attività legislativa in corso affinché siano in vigore disposizioni o meccanismi che assicurino un finanziamento dei media del servizio pubblico adeguato per l'adempimento della loro missione di servizio pubblico e per garantirne l'indipendenza; portare avanti il processo legislativo in corso del progetto di riforma sulla diffamazione e sulla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, evitando ogni rischio di incidenza negativa sulla libertà di stampa e tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti; intensificare le iniziative per costituire un'istituzione nazionale per i diritti umani tenendo conto dei principi di Parigi delle Nazioni Unite».

Bastino queste indicazioni per orientare il progredire della partecipazione italiana all’Ue, in un contesto geopolitico in subbuglio, dov’è meramente scaramantica la continua invocazione del rispetto del diritto internazionale e dove occorre salvaguardare «l’unica area al mondo dove valgono ancora la trasparenza, lo Stato di diritto, la separazione dei poteri e un sistema di governo prevedibile: l’Unione europea» (F. Fubini, Corriere della Sera, 13 luglio, p. 26). Mentre – come ammonisce Andrea Manzella – «l’Atlantico si è fatto più largo e l’antica fortezza Usa sembra sbriciolarsi in un assurdo negazionismo delle stesse sue fondamenta» (Corriere della Sera del 14 luglio, p. 34).

*Ordinario di Diritto dell'Unione europea, Docente di Organizzazione internazionale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore