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PALAZZO DI GIUSTIZIA PALAZZACCIO PIAZZA CAVOUR CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PALAZZACCIO
Con una ordinanza di portata rivoluzionaria (n. 2415, depositata il 21 luglio 2025) la Corte di Cassazione ha considerato legittimi gli “accordi” o i “patti” tra coniugi stipulati in corso di matrimonio.
Innanzi alla Corte di Cassazione viene impugnata la sentenza della Corte d’Appello di Brescia che, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda avanzata dal ricorrente che chiedeva al Tribunale di accertare e dichiarare la nullità, per contrarietà all’ordine pubblico e alle norme imperative di legge, della scrittura privata con la quale il marito le avrebbe riconosciuto, in caso di separazione, una somma di denaro in ragione del contributo dalla stessa reso al benessere della famiglia; la moglie, per parte sua, avrebbe rinunciato, in favore del marito, ad alcuni beni mobili. La Corte di Cassazione conferma la sentenza della Corte di Appello. Una importante novità nel campo del Diritto di famiglia italiano, considerato che fino ad oggi qualsiasi accordo stipulato tra i coniugi per regolare i propri rapporti economici in previsione di una eventuale separazione o divorzio trovava diverse ragioni contrarie dalla giurisprudenza, non essendovi peraltro alcun riconoscimento normativo. La ragione di tale divieto, diversamente da quanto avviene in molti altri paesi europei e negli stessi Stati Uniti, era il fatto che il matrimonio, in quanto istituzione di ordine pubblico, non poteva tollerare che i coniugi ‘speculassero’ sulla fine della loro unione, come se questa fosse un dato inevitabile. Questa visione antiquata della famiglia è stata ora definitivamente archiviata. Si tratta di un percorso giurisprudenziale che direi giunto a conclusione. Difatti, già altre sentenze dei tribunali e della Cassazione (Cass. 8109/2000 e le successive Cass. 23713/2012, 19304/2013, 18066/2014, 5065/2021, 11012/2021, fino alle recentissime 13366/2024 e 18843/2024) avevano cominciato a dare risalto sempre maggiore alla liceità degli accordi intercorsi tra i coniugi, non avendo oggetto diritti indisponibili o non essendo in contrasto con norme inderogabili, senza necessità che questi fossero legittimati dal giudice della separazione o del divorzio, in quanto espressione della liberà negoziale delle parti.
Da un punto di vista giuridico si può parlare di un “contratto atipico con condizione sospensiva lecita”. Difatti l’articolo 1322 del c.c., prevede che i cittadini possono stipulare i contratti diversi da quelli previsti dalla legge, purché abbiano interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. In questo caso la Cassazione ha evidenziato l’interesse nell’evitare conflitti economici futuri tra coniugi. Non si tratta dunque per la Corte di “mercanteggiare” sul matrimonio, ma di evitare che una eventuale rottura sfoci, come d’abitudine, in guerre patrimoniali devastanti per la famiglia e, molto spesso, in conflitti che ricadono sugli interessi stessi dei minori. Sempre a ragione di detta sentenza troviamo scritto che nella fattispecie la finalità è quella di “un riassetto patrimoniale giusto ed equilibrato, frutto di una valutazione razionale, ponderata”. Quindi è stato proprio questo equilibrio a convincere i giudici che il contratto meritasse piena legittimità.
Si apre, dunque, una nuova stagione per le famiglie italiane: più libertà, più responsabilità, più volontarietà. In sostanza i coniugi possono decidere tutto ciò che non violi diritti fondamentali e fra questi le questioni che riguardano il benessere e l’interesse dei minori su cui il giudice continua ad avere un ruolo fondamentale di controllo e garanzia. Sono, invece, soprattutto le questioni economiche che potranno essere anticipatamente concordate in modo libero e consapevole, così da evitare lunghe e costose cause giudiziarie.
Si è parlato di un “patto prematrimoniale all’italiana” anche se formalmente nella fattispecie quest’accordo viene sottoscritto dopo il matrimonio. La logica però è la stessa di altri paesi europei e anglosassoni: dare alle persone gli strumenti per tutelarsi e proteggere i propri interessi nel caso in cui l’amore finisca. In un’epoca in cui oltre alla metà dei matrimoni termina con una separazione ed un successivo divorzio, questa appare una scelta ragionevole.