In Italia non esiste una legge per riconoscere lo status dei figli nati da famiglie che hanno fatto ricorso a tecniche di fecondazione medicalmente assistita o maternità surrogata realizzata all’estero, dove questa risulta essere legittima. La possibilità della trascrizione di un bambino nei nostri registri dello Stato civile come figlio della coppia committente ha ora causato molteplici dubbi nella giurisprudenza civile.

Le soluzioni prospettate nelle sentenze sono state dunque negli anni difformi e, andando a leggere le decisioni prese dalle Corti in merito alla possibilità di registrare nel nostro Paese il nato come figlio è difficile non rendersi conto che il soggetto coinvolto è soprattutto il minore e il suo interesse.

È ora recente la notizia che il tribunale di Padova ha rigettato la richiesta della procura, dettata da una circolare del 2023 del Viminale, di cancellare 37 atti di nascita di famiglie arcobaleno e la trascrizione sul certificato di nascita dei bimbi di due madri anche il nome del genitore non biologico. Una soluzione che era stata pienamente condivisa dal sindaco di Padova, Sergio Giordani, contrario all’idea che attraverso queste più recenti disposizioni del governo venisse leso l’interesse primario dei minori.

Da un punto di vista giuridico peraltro manca una ragione formale che possa giustificare il Comune alla cancellazione: la procura non può agire contro l’atto degli ufficiali di Stato civile dell’anagrafe. Per altro si rischia di ledere la stabilità del rapporto che il minore ha con la propria famiglia, un rapporto ravvisabile nella necessità di mantenere la propria identità personale che trova le proprie origini nella cura morale, materiale che ha ricevuto dai propri genitori, anche se non legato da vincoli biologici.

In realtà ciò che preoccupa è che l’ostilità nei confronti della surroga rischia di coinvolgere legislativamente il nato che di tale vicenda non ha nessuna colpa. Viene anche avanzata la considerazione che, dovendosi assicurare la libera circolazione delle persone tra cittadini degli Stati membri dell’UE, non si può negare ai minori il loro legame di filiazione con i genitori sociali, già riconosciuto in altro Stato dell’UE. Tanto più che quando si parla di ordine pubblico si deve fare riferimento all’ordine pubblico internazionale, secondo un orientamento prevalente in giurisprudenza.

Sebbene non condiviso dal nostro governo, che alla Camera discute della proposta di legge sulla maternità surrogata come di un reato universale, l’Unione europea propone di creare un certificato genitoriale europeo che porrebbe uno stop alle discriminazioni nei confronti dei figli di coppie dello stesso sesso all’interno dell’unione europea. Secondo la proposta di regolamento tutti gli Stati membri dovranno riconoscere la genitorialità acquisita in un altro Paese dell’Unione tra due persone omosessuali e garantire all’intero nucleo familiare gli stessi diritti concessi alle altre famiglie. Da Bruxelles spiegano che la proposta mira a tutelare i diritti fondamentali dei figli, a garantire la certezza del diritto per le famiglie e a ridurre i costi e gli oneri processuali che gravano sulle famiglie e sui sistemi amministrativi e giudiziari degli Stati membri.

Alla base delle nostre sentenze, direttamente o indirettamente portate a ritenere legittima o meno la surroga, si pone in via preminente l’interesse del minore, un minore che un giorno diverrà adulto. Ma l’interesse del minore è una ricerca tutt’altro che agevole, priva di risultati oggettivi, certamente impossibile da circoscrivere nel tempo, quando il minore da incapace di intendere e di volere diventerà consapevole di valutare le modalità della propria nascita (conoscenza delle proprie origini; gestazione da parte di altra donna; tipologia del contratto; le ragioni economiche, ecc.). Il problema per il legislatore diventerà una questione non solo di forma, ma di sostanza, legata all’importanza da dare allo status di figlio nella costruzione della sua identità personale che è un diritto fondamentale: “sono chi sono, anche perché ho quei genitori e quella famiglia”.