Fra le condizioni previste dalla Corte costituzionale per consentire a un paziente di accedere all’aiuto al suicidio medicalizzato vi è quella che il soggetto debba essere tenuto invita mediante appositi “trattamenti di sostegno vitale”. Questa condizione è stata fortemente discussa in dottrina e nella elaborazione giurisprudenziale dei primi casi sottoposti all’attenzione dei tribunali. Anche perché la stessa Corte costituzionale non ha dato nella sentenza 42/ 2019 una definizione analitica e sistematica dei “trattamenti di sostegno vitale”.

Ad oggi, pertanto, non risulta una definizione nell’ordinamento giuridico, di ciò che debba essere considerato con questa locuzione. A livello sociale si deve considerare che la tecnologia e la sperimentazione medico – clinica sono in continuo sviluppo al fine di tutelare la vita dei pazienti e trovare nuove forme di cura; inoltre è evidente che esistono tutta una serie di malati con un alto grado di dipendenza verso forme di sostegno medico clinico che, fino a pochi anni fa, non erano prospettabili. Ne consegue che nel menzionare questo criterio da parte della Corte costituzionale occorre necessariamente distinguere tra ciò che è un trattamento sanitario ordinario e ciò che debba essere considerato un trattamento sanitario di sostegno vitale per permettere ai comitati etici territoriali o clinici la corretta applicazione in concreto dei dettami previsti dalla sentenza della Corte costituzionale.

A mio giudizio debbo presumere che tale condizione è prevista dalla Corte costituzionale perché il parametro utilizzato è stato nella fattispecie il principio di eguaglianza, anziché l’autodeterminazione: la Corte ha tenuto come riferimento la situazione del Dj Fabo e le sue condizioni fisiche ( tra l’altro dipendente da macchinari medici) e per chi avrebbe potuto richiedere l’aiuto al suicidio. Un paragone inaccettabile in generale, considerato che la pretesa di trattamenti di sostegno vitali sul genere di quelli del Dj Fabo è condizione del tutto irragionevole, in contrasto con il principio di dignità, foriera di discriminazioni visto che la maggior parte delle persone che ricorrono all’aiuto al suicidio non sono necessariamente sostenute da macchinari medici, in particolare la ventilazione, né si alimentano in via parentale: trattamenti che per altro potrebbero rifiutare in forza della L. 219/ 2017. In questa prospettiva la presenza di trattamenti di sostegno vitale si sarebbe dovuta considerare una condizione “aggiuntiva”, solo eventuale.

Il Tribunale di Massa nel caso Trentin tende a non differenziare la dipendenza da un sostegno vitale dalla necessità di assistenza continua da una o più persone senza la quale il paziente “non si sarebbe potuto alimentare, non avrebbe potuto espletare i propri bisogni fisiologici, sarebbe dovuto rimanere immobile a letto”. Tutto ciò, osserva il Tribunale, in modo pressoché analogo a chi sopravvive grazie ai trattamenti di macchinari medici. Pertanto secondo il tribunale di Massa, come quello di Ancona, la locuzione “trattamento sanitario” è di portata generale e tale da ricomprendere ogni intervento realizzato con terapie farmaceutiche o con l’assistenza di personale medico o paramedico, interrompendo i quali si verificherebbe la morte del malato anche in maniera non rapida.

Più di recente in data 17 gennaio 2024 il tribunale di Firenze nel procedimento nei confronti di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, incriminati per avere organizzato ed eseguito l’accompagnamento di Massimiliano presso la clinica Svizzera, sebbene non dipendesse da macchinari di sostegno vitale né si alimentava per via parentale, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 c. p., come modificato dalla sentenza numero 24 del 2019 della Corte costituzionale, nella parte in cui richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata alla circostanza che l’aiuto sia prestato a una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento agli art 8 e 14 della Convenzione EDU.