“Qualcuno potrebbe dirmi dove posso trovare Anna Gunn così l’ammazzo?”. Mi viene in mente ascoltando e leggendo i commenti agli stupri, al porno da vietare ai minorenni, ai divieti e Rocco Siffredi che dà ragione a Eugenia Roccella che è d’accordo con don Maurizio Patriciello, parroco di San Paolo Apostolo di Parco Verde. Anna Gunn è un’attrice e la sua colpa è stata interpretare la moglie di Walter White nella serie Breaking Bad. È lei stessa a raccontarlo in un pezzo sul New York Times, “I Have a Character Issue”. Sono passati dieci anni ma la questione principale è sempre la stessa: la capacità di distinguere la realtà dalla finzione.

Due premesse che sono ovvie ma non si sa mai: la violenza e lo stupro sono moralmente orrendi e farsi alcune domande su come contenerli e ridurli non significa giustificare violenti e violentatori. È solo che sembra di ascoltare rimedi soltanto di superficie e di posizionamento politico, rimedi affrettati e senza che ci siano dati affidabili o dubbi riguardo alle soluzioni coercitive. Se penso alla proposta di limitare il porno (qualsiasi cosa significhi, sia porno sia limitare) agli adolescenti, mi chiedo: come si fa e, soprattutto, servirebbe? E poi: la violenza sessuale è davvero aumentata (e cambiata rispetto al passato) e cosa c’entra la pornografia?

Sembra verosimile immaginare delle conseguenze per la facilità con cui si accede oggi al porno, a differenza di anni fa in cui o facevi l’ormai classica scena di infilare Orgasmo sotto a millemila altre cose tra cui la rivista della fede e Newsweek (è ovviamente Woody Allen nel Dittatore dello stato libero di Bananas) o ti arrivava un VHS di contrabbando una volta ogni sei mesi se eri fortunato. Ma quali sono queste conseguenze? E sono tutte negative? E pensare di tornare al bel tempo che fu è possibile? Perché sembra un luddismo pornografico più nostalgico che sensato.

Sembra anche verosimile che molto del pubblico del porno potrebbe avere qualche difficoltà nel distinguere una ammucchiata messa in scena (sottotitoli: attori, finzione, consenso – almeno così dovrebbe, poi gli abusi e i registi stronzi ci sono ovunque) dalla realtà (snuff movie compresi). Questo non significa che guardo una gang bang e dopo dieci minuti esco di casa per riprodurre quello che ho visto con persone non consenzienti, anzi forse la soddisfazione di una fantasia potrebbe avere un effetto benefico e contenitivo delle azioni brutali.

Ma quello che ascoltiamo e vediamo ha delle conseguenze, soprattutto su cervelli non ancora formati, e bisognerebbe provare a capire quali sono e perché uno stimolo su alcuni causa (più spesso concausa) un comportamento violento e su altri non ha alcun effetto. E come distinguere una correlazione da un causazione. La risposta non può che essere molto complicata da trovare perché è complicato isolare le variabili.

L’altra difficoltà è capire quali sono le intenzioni e come si dimostra il consenso. Una azione, così come un rapporto sessuale, può essere la stessa ma la valutazione morale diversissima. Lo stupro non dipende dalla violenza materiale ma dall’assenza del consenso, la brutalità del rapporto sessuale non è una condizione né necessaria né sufficiente (sottotitoli: può piacermi qualunque forma di sesso e se sono d’accordo è una mia scelta; può esserci abuso anche senza violenza fisica).

La interpretazione semplicistiche sono un po’ ridicole, come dire che guardi Don Matteo e ti fai prete. Ma sono rassicuranti, si capisce. E allora cosa si fa? Se lo sapessi non starei qui a farmi domande, però almeno cerchiamo di non sprecare tempo e soldi in soluzioni coercitive e moralistiche, sbagliate e inutili.

D’altra parte la stessa Roccella aveva scritto (sul suo profilo il 27 agosto scorso): «Non è solo una questione di controllo e di divieti, è una questione educativa. Oggi ne hanno parlato, fra gli altri, Luca Ricolfi e Annamaria Bernardini de Pace. Si tratta di capire cosa offriamo ai nostri ragazzi, di cosa nutriamo gli anni della loro formazione come persone, come interpretare la genitorialità in un mondo sempre più complesso nel quale il gruppo dei pari sembra prendere sistematicamente il sopravvento sulle relazioni “verticali”».

Insomma, più che cercare di bloccare l’accesso al porno servirebbe un “esercito di insegnati elementari”, come ha suggerito Patriciello citando Gesualdo Bufalino.