Scatole cinesi, paradisi fiscali, compravendita di immobili. E poi: Panama, Lussemburgo, Ostia (sic!). Non manca niente nell'inchiesta sulla madre della premier Giorgia Meloni che tre, dicasi tre, cronisti di Repubblica hanno mandato alle stampe in questi giorni. Non manca neanche il link, a dire la verità piuttosto fragile, coi famigerati Panama papers. Quella sì una vera inchiesta giornalistica sulla blacklist dei fondi offshore dei potenti d’Europa.
Insomma, non manca nulla nel lessico assai evocativo e noir di Repubblica, si diceva. Ovvero, a ben vedere un paio di cose nell’inchiesta del giornale della famiglia Agnelli non tornano. Tanto per cominciare non è ben chiaro il reato “contestato” e, soprattutto, il motivo di questa inchiesta urlata a nove colonne.
Ovvero, il motivo è chiarissimo: trascinare la premier nel patano mediatico-giudiziario, coinvolgerla per via parenterale in vicende assai fumose e voyeuristiche che nessuna procura della repubblica ha mai pensato di “approfondire”. Almeno fino ad ora. Perché nel frattempo Giorgia Meloni è diventata premier ed accanto a sé ha un ministro della giustizia che sta facendo molto arrabbiare le toghe. Ma queste sono di certo malignità…
Per quel che ci riguarda vigileremo. E di certo lo faremo in solitudine. Così come è accaduto col Qatargate, ricordate? Ma sì, l’inchiesta della procura di Bruxelles presentata come il nuovo Watergate che avrebbe dovuto spazzare via il Pd e smascherare i suoi affari con le dittature mediorientali, ma che poi è finita in un nulla di fatto. Certo, Eva Kaili si è fatta mesi e mesi di galera senza poter mai prendersi cura della figlia di pochi mesi. Ma che vogliamo farci: è la stampa, bellezza, che ha bisogno delle sue vittime sacrificali.