Tre domande al Signor ministro della Giustizia, Carlo Nordio: 1) posto che Ella lamenta – tra l’altro l’inefficienza dei magistrati e del Csm, è lecito chiederle quante volte negli ultimi cinque anni ( segnati dallo scandalo Palamara & Company), e in quali occasioni, il suo Dicastero ha esperito l’azione disciplinare nei confronti di magistrati ordinari, come previsto dall’art. 107, 2° Cost., che le asse- gna tale facoltà, del cui esercizio è politicamente responsabile il Ministro?

2) approvata in ipotesi l’ambita separazione delle carriere, il Procuratore Generale presso la Suprema Corte, a tale ufficio preposto dal Consiglio Superiore della Magistratura dei requirenti ( di cui diventa membro di diritto), continuerebbe a esperire, davanti al Consiglio Superiore della Magistratura dei giudicanti, l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati giudicanti, come attualmente previsto dall’art. 14 del D. lgs. n. 109 del 2006? Ma come si concilia siffatto sistema con la postulazione di una «necessaria inimicizia» tra requirenti e giudicanti, che la relazione alla menzionata proposta di legge ( pag. 3) ritiene necessaria per assicurare

la terzietà del giudice? Per tal via non si coonesta la subvalenza in sede disciplinare del magistrato giudicante, siccome deliberatamente consegnato alla «necessaria inimicizia» del requirente, addirittura espressamente auspicata?

3) posto che a pag. 2 della relazione è dato leggere «Se vogliamo ricollocarci all’interno di un contesto europeo, moderno e avanzato, dobbiamo certamente operare una correzione e immaginare dei nuovi limiti all’agire della magistratura penale, e dobbiamo operare perché la politica assuma nuovamente su di sé la responsabilità del governo della società», quali sono gli auspicati «nuovi limiti»?

Domandare è lecito, rispondere è tanto facoltativo quanto degno di apprezzamento.

* già Sostituto Procuratore Generale della Suprema Corte