La Corte costituzionale, chiamata ad esprimersi sulla presunta illegittimità costituzionale del novello art. 171 bis c. p. c., che ha introdotto il potere/ dovere, per il giudice di primo grado, di compiere le c. d. verifiche preliminari, che si concretizzano essenzialmente nella verifica, prima dell’udienza di comparizione, della regolare instaurazione del contraddittorio e nella conseguente adozione dei necessari provvedimenti atti a sanare eventuali nullità della citazione o della notifica, nonché ad integrare il contraddittorio laddove se ne ravvisi la necessità, ha assunto una decisione che, per i suoi contenuti – sia consentito dire – propone nuove norme, in un vaglio negativo di costituzionalità.

Con l’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, il giudice veronese lamentava, da un lato, che l’art. 171 bis c. p. c. fosse il risultato di un eccesso di delega da parte del legislatore delegato, posto che la legge delega n. 206 del 2021 nulla prevedeva in ordine a specifici interventi del giudice istruttore anteriori alla prima udienza. Dall’altro lato – argomento ben più pregnante – che la medesima disposizione fosse in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.; con riguardo al primo, poiché l’art. 171 bis c. p. c. differenzia gli ambiti di intervento del giudice e la relativa disciplina.

A mente del secondo periodo del primo comma di detto articolo, infatti il giudice può indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, questioni in relazione alle quali le parti possono interloquire nell’ambito delle successive memorie ex art. 171 ter c. p. c.. Il primo periodo del medesimo 1° comma, stabilisce il potere, per il giudice, di pronunciare, laddove occorra, i provvedimenti di cui agli artt. 102, 2° comma, 107, 164, 167, 171, 182, 269, 291 e 292 senza, però, consentire alle parti nessuna replica alla propria decisione, divenendo così statuizioni rese inaudita altera parte. La parte deve solo ottemperare, per non incorrere in sanzioni processuali, quali la estinzione.

Così, per fare un esempio, se l’istruttore rileva la nullità dell’atto di citazione e ne ordina la rinnovazione in un termine perentorio, pena l’estinzione del processo, l’attore non ha alcuno spazio per contraddire, potendo egli, semplicemente, scegliere se ottemperare all’ordine del giudice ovvero subire la sanzione della estinzione, per mancata sanatoria del vizio. Da qui l’ingiustificata contrazione e lesione del diritto di difesa della parte, di cui all’art. 24 cost. La decisione della Corte costituzionale, concretizzatasi in una sentenza di rigetto, pone in via interpretativa una norma nuova.

Al di là del contenuto – la cui ratio può anche essere condivisibile, avendo la Corte cercato di privilegiare la garanzia del contraddittorio pur nel rispetto dei principi di speditezza ed economica processuale – la decisione della Corte, a nostro avviso, si spinge ben oltre le funzioni che le sono proprie. Ovviamente non si tratta della prima esperienza.

Il giudice delle leggi non dichiara incostituzionale l’art. 171 bis c. p. c., ma ne offre un’interpretazione che travalica i limiti della c. d. interpretazione costituzionalmente orientata per giungere, di fatto, a sancire nuove regole di diritto.

La Corte fa leva, anzitutto, sul potere direzionale del giudice assegnato, in via generale, dall’art. 175 c. p. c.: in virtù di questo, nulla vieta al giudice istruttore di fissare apposita udienza, d’ufficio o su istanza di parte, per consentire alla parte di interloquire sui provvedimenti da assumere con il decreto ex art. 171 bis c. p. c.

Se l’udienza non viene fissata ( se il giudice non l’ha disposta ovvero se la parte l’ha chiesta e il giudice ha ritenuto di non fissarla) viene consentito alla parte di disattendere il provvedimento contenuto nel decreto ex art. 171 bis c. p. c., senza incorrere in sanzione, e predisporre le successive memorie ex art. 171 ter c. p. c. discutendo sulla legittimità del provvedimento; ugualmente alla prima udienza di comparizione. Viene, inoltre, specificato che se la parte aveva richiesto l’udienza e il giudice ha disatteso la richiesta, eventuali conseguenze pregiudizievoli non possono riverberarsi sulla parte ( es. l’estinzione).

In buona sostanza, la Corte costituzionale ha risolto la questione di fatto creando una norma nuova. Tanto più allarmante se si considera che, allo stato, è all’esame del Parlamento un decreto correttivo della riforma Cartabia in materia di processo civile. È quella, e solo quella, la sede ove il Parlamento – e non il giudice delle leggi – dovrà – e si auspica vorrà – intervenire sull’art. 171 bis c. p. c., se del caso riprendendo i principi espressi dalla sentenza della Corte costituzionale, e positivizzare regole certe di diritto.