Dopo giorni di totale silenzio e mesi passati a schivare le domande della stampa, Giorgia Meloni rompe il mutismo e a Vilnius accetta di presentarsi davanti ai giornalisti. I temi del vertice Nato passano inevitabilmente in secondo piano rispetto alle questioni che da settimane agitano il governo. La premier non si sottrae e uno a uno affronta i punti più spinosi: dal caso Delmastro alle vicende Santanchè, fino allo scivolone del presidente del Senato La Russa. Sul sottosegretario alla Giustizia e sulla ministra del Turismo, Meloni usa toni da battaglia: non solo fa da scudo, difendendo l’operato dei suoi compagni di partito, rilancia pure, rivendicando il primato della politica sulle scelte opinabili della magistratura (giudici compresi) che si arroga il diritto di sfidare un potere legittimato dal popolo. La suonata, e la prossemica, cambia quando la leader di FdI deve commentare il comportamento del suo padrino politico, Ignazio La Russa, che davanti a una presunta violenza sessuale commessa dal figlio ha d’istinto messo in discussione la versione della vittima, scagionando in pochi istanti il suo “ragazzo” da ogni addebito. Di fronte a un passo falso di questa portata, a Meloni, che pure in passato aveva condannato le reazioni scomposte di altri padri, come Beppe Grillo, non resta che scaricare il suo fratello d’Italia maggiore. «Comprendo molto bene da madre la sofferenza del presidente del Senato anche se non sarei intervenuta nel merito della vicenda», dice senza lasciare scampo a fraintendimenti la presidente del Consiglio. «Io tendo a solidarizzare per natura con una ragazza che ritiene di denunciare e non mi pongo il problema dei tempi», sottolinea ancora Meloni, allontanando ogni ombra di omertà dal suo ragionamento. «Ma anche qui bisogna andare nel merito di cosa accaduto, mi auguro che la politica possa starne fuori. Noi abbiamo approvato un ddl che è passo avanti per la tutela delle vittime. Spero di aver chiarito mio punto di vista sulla materia per evitare di mandare avanti presunti scontri che dal mio punto di vista non esistono».

Per il presidente del Senato, non nuovo a scivoloni dialettici anche se mai di questa portata, la presa di distanze di Meloni è un colpo durissimo. Ma La Russa sa benissimo che la premier, la prima premier donna della storia repubblicana, già assediata su altri fronti, non può permettersi passi falsi su questioni così delicate. Il padre nobile di FdI diventa così la vittima sacrificale del ragionamento meloniano, l’unica concessione onorevole ai detrattori del governo, ma si trasforma nella leva per rilanciare la sfida riforme contrastate dalla magistratura: « Noi abbiamo un programma chiaro, un mandato che ci è stato dato dai cittadini, lo realizzeremo perché siamo persone che mantengono gli impegni e conveniamo che in Italia la giustizia ha bisogno di correttivi, va resa più veloce, efficiente, deve essere e apparire imparziale». A buon intenditor, poche parole.