Dagli anni 90, da quando i partiti italiani si sono disgregati per complessi motivi politici e culturali nazionali e internazionali, per una ostile azione giudiziaria, ma soprattutto a seguito della modifica della legge elettorale da proporzionale con una non coerente con la nostra Costituzione, abbiamo avuto tante occasioni per ricostruire un centro politico riferito a un partito organizzato democraticamente ma nessun politico ha saputo cogliere il momento favorevole.

In questo periodo a me pare, vi siano, più delle altre volte, tutte le condizioni per il rilancio di una politica centrista, quella che per Aldo Moro era legata a una cultura di governo e delle istituzioni.

Siamo alla vigilia di elezioni europee che si svolgono col sistema elettorale proporzionale, il quale presuppone e incentiva le identità e quindi i riferimenti culturali e sociali che vi sono nel Paese. Mauro Calise, un politologo molto avveduto, ha rilevato che le “estreme” da un po’ di anni hanno il consenso ma non hanno cultura di governo e il “centro” pur avendo cultura di governo è in netta minoranza.

La crisi della cultura ha messo in crisi i partiti, e la destra e la sinistra allontanandosi entrambe dalla democrazia liberale hanno avuto entrambi tentazioni marcate di populismo e assecondato una deriva pericolosa cui assistiamo.

Per queste ragioni, insieme alle tante che sarebbe lungo elencare, è in crisi il sistema politico, che avrebbe bisogno di identità e di riferimenti culturali forti.

Sostengo da mesi forse con un ottimismo irrazionale, che una destra anomala estranea ai valori della nostra Costituzione ha vinto nelle elezioni del 2022 perché si è presentata agli elettori con la sua identità. Che è stata premiata in assenza di altre “identità” un continuo “indistinto” ha caratterizzato tutti i movimenti che si sono avvicendati negli ultimi 30 anni. Ritenevo quindi che fosse inevitabile la formazione da un lato di una sinistra presente in Italia nella sua tradizione comunista e socialista e dall’altra di un centro politico, con una forte tradizione, riportando la situazione politica alla sua fisiologia.

Debbo dire che è una sinistra un po’ radicale un po’ populista si è formata in questi mesi, invece il centro continua il suo cammino tra incertezze e convulsioni: l’onorevole Renzi poteva essere in grado di aggregare una vasta area omogenea che a riferimenti culturali e politici molto diffusi nell’opinione pubblica a preferito una intesa solo elettorale per raggiungere il quorum del 4% alle elezioni europei con l’Europa che non può configurare una politica di centro. I radicali hanno una filosofia di vita e un costume politico ben lontano come lo stesso Renzi sa.

Il giornale Economist lo scorso anno ha pubblicato un saggio nel quale analizza la crisi dei valori occidentali in particolare dell’Europa che è sotto attacco non solo dai paesi non democratici estranei alla nostra cultura, ma anche dei paesi dell’Occidente come l’America nella versione trumpiana.

È il modello occidentale sotto tiro perché nel mondo vi è uno scontro tra democrazie autocrazia a netto vantaggio della seconda.

Per questo ritenevo, ritengo che vi siano condizioni particolari oggi, in vista di un appuntamento europeo particolarmente importante verso il quale deve essere finalizzata l’attenzione e la funzione dei movimenti politici delle liste che si confronteranno nella campagna elettorale con precisa identità e una conseguente visione politica.

E questo confronto può finalmente dare contenuto culturale a movimenti che vogliono diventare partiti, che vogliono ricreare una identità per preparare una nuova fase per l’Europa dopo quella dei nostri padri costituenti.

Unire gli Stati europei in un disegno strategico nei confronti degli altri continenti e del mondo intero e dare a essi un contenuto politico unificante.

Ritengo quindi che, finita la lunga fase di transizione politica sociale che dura dagli anni 90, il confronto con l’Europa può essere caratterizzato da una politica di centro che come diceva Aldo Moro nel lontano 1944 “non è immobile ma dinamica e capace di rappresentare il complesso della società civile”.

Se finora la crisi della cultura è il populismo dilagante, che ha aggravato la crisi dei partiti, oggi possiamo avere precisi indirizzi politici e valori istituzionali per dare valore di nuovo a una cultura politica e possono essere ben individuati nel: 1) perfezionare la sopranazionalità che esalta la nazionalità in un contesto più ampio giuridico e istituzionale; 2) rafforzare la democrazia rappresentativa propria della nostra Repubblica parlamentare senza pericolose fughe in avanti non coerenti con l’architettura costituzionale. Il diritto europeo se pur giovane ha questo vasto orizzonte.

3) armonizzare le libertà civili in un contesto europeo che va dalla sicurezza alla concorrenza con gli altri partner mondiali 4) modificare l’attuale legge elettorale considerata non rispettosa della volontà degli elettori con una che giustifichi il loro voto e la loro partecipazione: è il presupposto per attribuire al Parlamento una rappresentanza adeguata al Paese e ai territori; 5) dare contenuto democratico ai movimenti politici e dunque applicare finalmente l’articolo 49 della Costituzione con una legge adeguata che faccia superare il personalismo senza limiti che snatura qualunque politica.

6) riformare la giustizia e la magistratura per porre un argine alla prevalenza costituiscono i contenuti per dirigenti politici con una visione strategica del nostro Paese nel contesto europeo e costituiscono finalmente il programma di un partito non più personale ma politico e pluralistico del giudiziario sul legislativo e sulla politica.