La mutazione è compiuta. La sterzata giustizialista – e come altrimenti chiamarla? – degli elettori del Pd l’ha certifica Nando Pagnoncelli sul Corsera di sabato scorso. Il sondaggio di Pagnoncelli ha mostrato l’assoluta contrarietà, se non la vera e propria ostilità, della maggioranza dei sostenitori democrat nei confronti delle riforme (garantiste) del ministro Nordio.

Di più: gli elettori del Pd si mostrano ben più critici dei grillini, un movimento che ha fatto del giustizialismo un tema fondativo, una bandiera sventolata con foga in nome dell’anti-politica e dell’“onestà-onestà-onestà”: uno slogan brandito più come retorica anti-establishment che per reale convinzione.

La svolta degli elettori dem è preoccupante perché quello che una volta si sarebbe chiamato il suo “blocco sociale” di riferimento è composto dalla borghesia progressista del nostro Paese. Insomma, l’elettore medio di quel partito arriva dalla famigerata “sinistra Ztl”, dai centri storici di Roma, Milano, Torino, ecc… Per intenderci non stiamo parlando del blocco “plebeo” e rabbioso dell’elettorato grillino, ma di una comunità composta da funzionari e dirigenti di Stato e da un elettorato che per certi versi ha in mano le leve del Paese. Insomma, parliamo dell’aristocrazia borghese italiana, la quale sta esondando clamorosamente dall’alveo dei principi liberali. Niente di nuovo, per carità. A ben vedere questa sbandata non è altro che la riproposizione del “sovversivismo delle classi dirigenti” che ciclicamente colpisce le nostre élite. La novità è che stavolta il pericolo arriva da sinistra.

Ma prima diamo un po’ di numeri, giusto per capire di cosa stiamo parlando: il 77% degli elettori del Pd è contrario all’eliminazione del reato di abuso d’ufficio, contro il 70% dei grillini e il 29% degli elettori di FdI. E ancora: il 71% dei dem non vuole la limitazione del reato di traffico di influenze. I grillini contrari sono il 55%. Il 65% dei dem osteggia il divieto di ricorso in appello da parte dei pm dopo l’assoluzione e il 69% chiede che la pubblicazione sui media delle intercettazioni sia senza alcun limite. Insomma, una macelleria dei principi liberali.

Ma come si è arrivati fin qui? Il piano inclinato che ha fatto rovinare la sinistra italiana nella marea giustizialista ha una data: è il 1992, anno in cui gli eredi del Partito comunista hanno utilizzato “Mani pulite” come scorciatoia giudiziaria per scardinare il sistema sclerotizzato del pentapartito e arrivare al cuore del potere. A dire il vero, prima di quella svolta irreversibile, c’è stato un ultimo sussulto garantista da parte dell’allora neonato Pds.

Era il maggio del ’92, l’odore del tritolo e le polveri generate dall’eccidio di Capaci arrivavano fino a Roma. In quel clima rovente e drammatico il governo propose il decreto Scotti-Martelli che allargava il 41bis ai boss mafiosi – fino ad allora era riservato alle rivolte in carcere – riducendo clamorosamente garanzie e diritti.

Ma la reazione del Pds fu sorprendente, per certi versi coraggiosa visto che arrivò in uno dei momenti più drammatici della storia della Repubblica. Ugo Pecchioli – partigiano e uomo di apparato del Pci – si presentò in conferenza stampa per spiegare agli italiani, che avevano ancora negli occhi le lamiere dilaniate dell’automobile di Giovanni Falcone, che quel decreto liberticida avrebbe messo in pericolo il nostro stato di diritto. Ma di lì a poco arrivò un’altra strage, quella di via d’Amelio, e a quel punto più nulla potè fermare quel decreto che passò con l’astensione del Pds.

Fu quello l’ultimo tentativo di resistenza della sinistra: ben presto arrivò la marea montante del giustizialismo che mutò per sempre il suo Dna e che quel sondaggio, oggi, certifica.