Esemplare: se la colpa è lieve, se il caso è di limitata gravità, alla toga sanzionata in sede disciplinare spetta una sollecita riabilitazione. Parola di Csm, che lo ha sancito in una circolare. Siamo contenti: ogni volta che si afferma un principio garantista si fa un passo avanti verso un sistema più equilibrato, e ci si affranca dalla perenne caccia alle streghe.

È difficile però non essere colpiti dall’autocrazia giudiziaria dei magistrati: non vogliono i test psicoattitudinali, che non c’entrano con colpe e sanzioni, perché sono certi di sapersi valutare da soli, anche in fatto di equilibrio e anche se, presumibilmente, nessuno dei quasi novemila giudici e pm italiani ha una seconda laurea in Psicologia. Non vogliono la graduazione del giudizio in “ottimo”, “buono”, “discreto” nelle valutazioni di professionalità: o si è adeguati, e quindi impeccabili, o non c’è spazio, dicono i magistrati, per scale di merito. E va bene.

Ma tanto per dire: in trent’anni di processi, anzi di indagini finite sui giornali spesso prima che l’interessato sapesse di esserne destinatario, avete mai udito di un pm inquisito dai colleghi per rivelazione del segreto d’ufficio? No, eh? È perché son tutti impeccabili: allora non ci siamo capiti.

A proposito di quanto scrive sul Dubbio l’impietoso avvocato Radi, sapete di magistrati che siano stati perseguiti dai loro colleghi perché hanno fatto marcire qualche anno o anche solo qualche giorno in galera un innocente? No, non vi suona: d’altronde, gip e pm, se sbagliano, lo fanno in perfetta buona fede. Sono gli innocenti che, quando finiscono a Poggioreale o a San Vittore, è perché non hanno aiutato il magistrato a evitare l’errore. Gip e pm che sbagliano vanno capiti, all’indagato che si avvale della facoltà di non rispondere, almeno fino a poco tempo fa, andava negato il risarcimento. È la giustizia, bellezza. Anzi: sono l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, sempre benedette.

Solo una cosa: chi tiene così gelosamente all’impermeabilità di questa autonomia fa bene, almeno dal punto di vista di chi scrive, perché sulla separazione dei poteri si regge la democrazia. Però un filo di linearità in più, nella giustizia disciplinare e persino nella giurisdizione deontologica che compete all’Anm, non sarebbe male, come da qualche anno ripete ad esempio Giovanni Maria Flick. Ah, però hanno radiato Luca Palamara. Uno al prezzo di molti. Esemplare, appunto. Ma forse un po’ distante da quell’idea di giurisdizione domestica ragionevole e liberale che pure la sacrosanta circolare sulla riabilitazione delle toghe intende promuovere.