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Delle traballanti querele per diffamazione, sporte a suo tempo da Piercamillo Davigo contro un collega magistrato di Roma, Nicolò Marino, ed, ancor prima, contro il giornalista Giovanni Jacobazzi, ha dato conto Il Dubbio a fine agosto, segnalando come fossero state archiviate perché gli intenti diffamatori ipotizzati dal Davigo non costituivano reati. L’aspetto interessante delle due vicende stava nella tempistica, nel senso che i decreti di archiviazione erano intervenuti nel corso delle indagini preliminari.
Ora, siccome il codice non prevede la condanna del querelante ai danni ed alle spese se l’infondatezza della querela viene dichiarata ante dibattimento, appare evidente la necessità di coprire il buco normativo con norma o comma ad hoc, che preveda l’estensibilità della condanna del querelante ai danni ed alle spese non solo all’esito del dibattimento, ma anche nelle fasi antecedenti ad esso. Il che induce una riflessione su un altro istituto del sistema penale, quello concernente gli “esposti” ed, in particolare, gli esposti a vanvera, anch’esso privo di copertura dagli azzardi.
In effetti, il ricorso all’esposto penale ha assunto contorni parossistici: nulla di quanto accade sotto il sole è immune dalla mania inquisitoria, anche la terra che trema, il fiume che esonda, la montagna che frana, se uno si butta dal ponte, se ti mangi la casa al lotto, se prendi sei in condotta, un esposto non s’ha da negare, tanto non costa nulla. Il festival dell’irresponsabilità. Un paio di esempi concreti tratti da cronache recenti spiega meglio la deriva. Un paziente telefona al call center regionale per prenotare una tomografia. Risposta: nel 2026. Allibito, ritelefona chiedendo di fare lo stesso esame in forma privata. Risposta: tra 2 giorni. Una stortura del sistema sanitario saputa e risaputa. Il problema esiste da anni, riguarda la sanità italiana in generale e coinvolge un po’ tutte le branche della medicina. È noto che la colpa non è di questo o quello ma dell’intero sistema: governo amministratori, medici, infermieri e… pazienti, sì, noi che invecchiamo sempre di più, ci ammaliamo sempre di più e chiediamo sempre più esami. Non la pensa così il paziente citato, che prende carta e penna e fa un esposto alla procura del luogo, chiedendo espressamente che si indaghi sul fenomeno e se ne dia conto alla cittadinanza. Sennonché è proprio quello che una procura non può né deve fare, essendo lì per indagare su fatti precisi e contro persone determinate, non per dare risposte all’opinione pubblica.
Altro caso: un associazione di volontariato annuncia alla stampa che intende fare un esposto alla procura perché gli addetti alla pulizia pubblica comunale hanno raccolto e buttato nelle immondizie i sacchi e le coperte abbandonati nel parco cittadino da un gruppo di migranti senza tetto. Cosa c’entra la procura? Esposto per cosa? Contro chi? Non lo sanno e, infatti, parlano di indagini per capire se nei fatti c’è qualcosa di illecito. Proprio l’attività esplorativa non ammessa dal codice.
D’altro canto, essendo stati abrogati nel 2016 sia il reato di appropriazione di cose smarrite sia il danneggiamento, rimane solo la fuffa. È un andazzo, questo, che non può continuare impunito, va fermato con delle contromisure ad hoc. È sufficiente un semplice comma in calce alle norme penali in materia, che preveda appunto la condanna ai danni ed alle spese di chi deposita esposti temerari o semplicemente privi di fondamento. Insomma, chi rompe paga.