L’intero popolo ebraico vive in uno stato di shock. Mentre vedevo crescere il numero di morti, feriti e di rapito continuavo a frugare nella mia memoria e nel “cassetto” dei ricordi del nostro popolo per cercare di capire il senso di tutto questo. E quel punto mi è venuta in mente Chisinau - la strage di ebrei russi del 1903, ingiustamente accusati della morte di un bambino - e mi sono chiesto: “Come è stato il giorno dopo che gli ebrei hanno saputo di Chisinau?” Chi avrebbe immaginato che dopo 120 anni potesse esserci una replica della strage di Chisinau nel cuore dei kibbutz israeliani e in un concerto pieno di ragazzi?

In risposta a quell’evento e ad altri simili, il movimento sionista ha trascorso l’ultimo secolo costruendo uno Stato- fortezza. Ma la strage del 7 ottobre scorso è dovuta all’imperdonabile impreparazione militare. E io sono convito che questo governo pagherà il prezzo, in modo rapido e deciso, di questi fallimenti.

Per la prima volta dal 1945, centinaia di ebrei sono stati massacrati indiscriminatamente perché ebrei. Quasi nessuno di noi oggi ricorda come fu sentire dal vivo un evento del genere. Ma qui dobbiamo fermarci. Il 2023 non è il 1903 o il 1945. Non dobbiamo cadere nella trappola del vittimismo: consideraci come vittime implica, l’impossibilità di trovare una soluzione del conflitto israelo-palestinese e potrebbe spingerci a fare cose che peggiorano la situazione Se la Seconda Intifada ha distrutto la sinistra israeliana, come ampiamente ipotizzato, immaginate cosa potrebbe generare il massacro del 2023.

Per quanti altri decenni questo evento ritarderà la possibilità di qualsiasi risoluzione? Non possiamo permetterci che ciò accada! Itamar Ben- Gvir e i suoi scagnozzi saranno presto là fuori a gridare: “Te lo avevamo detto! Questi sono gli arabi: animali! Sono la versione odierna dei Pogromchik o dei nazisti dei nostri peggiori incubi”. Esiste il pericolo reale che la maggioranza degli ebrei israeliani possano unirsi dietro questi slogan e ciò rappresenterebbe la vittoria finale per Hamas e non dobbiamo permetterglielo.

Spingere Israele e il mondo ebraico verso una destra disumana, costringendoci a fare loro anche solo una piccola parte di quello che loro hanno fatto a noi, sarebbe il loro coronamento. Poi si volteranno e diranno: “Ora vedi chi sono veramente questi israeliani. La loro oppressione ci ha costretto a farlo”. Tutte quelle bandiere di identificazione con Israele in tutto il mondo cambieranno rapidamente colore Come possiamo evitare che ciò accada? Forse dobbiamo considerare questo momento come un momento in cui affrontare la vera radice del problema: condividiamo questa terra con un altro popolo, un popolo che non ci ha invitato qui, e nessuno di noi due andrà da nessuna parte. Questa è la nostra realtà.

Possiamo continuare a ucciderci a vicenda per sempre, oppure provare a trovare un modo per vivere insieme. Questo è un momento che ci invita ad affrontare apertamente questa domanda. Anche se uccidessimo tutti i leader di Hamas, la realtà non cambierebbe. Il vero coraggio in questo momento significa opporsi a questa soluzione. Ciò significa che dobbiamo immediatamente remare nella direzione opposta all’ondata di odio che ci assale. Anche in questo momento in cui l’intero popolo ebraico è avelim (in lutto), e continua a seppellire i nostri morti, dobbiamo vedere questa come un’opportunità per cambiare il futuro nel bene, non nel male.

Tutto dipenderà dal modo con cui agiremo a Gaza. Il massacro di civili su larga scala non ha altro scopo se non quello di prolungare e approfondire il conflitto. I ministri israeliani di estrema destra Bezalel Smotrich e Itamar Ben- Gvir potrebbero volere proprio questo, ma non dobbiamo concederglielo. Si spera che l'esitazione di Israele prima di entrare a Gaza dia il tempo per riflettere seriamente sugli effetti a lungo termine di queste azioni.

Adesso, soprattutto adesso, abbiamo bisogno di avvicinarci a tutti quei palestinesi, arabi e musulmani che rifiutano Hamas. All’interno dei confini di Israele sono la maggioranza. Abbiamo bisogno di loro come alleati. Anche in Cisgiordania e a Gaza ci sono molti che non sostengono Hamas. Se ora le nostre azioni li gettassero nelle braccia aperte di Hamas, non avremmo fatto un favore a nessuno. Non loro, e certamente non noi stessi. I palestinesi, sia in Israele che in Cisgiordania, hanno paura che possano abbattersi su di loro dei pogrom di vendetta. Alcuni fatti terribili, tra cui uccisioni casuali da parte dei coloni, vengono già segnalati dalla Cisgiordania.

In Israele ci sono cittadini ebrei e palestinesi che interagiscono tra loro quotidianamente. Naturalmente esiste anche un contatto personale in Cisgiordania tra ebrei israeliani e palestinesi, nell’ambito di un’occupazione profondamente problematica.

Questo è un momento difficile per stabilire tali contatti di sostegno e rassicurazione, ma dobbiamo farlo. Anche fuori Israele occorre attivare ogni anello di contatto tra ebrei e musulmani, rafforzando l' orrore condiviso per questa violazione di ogni norma del codice morale di entrambe le religioni. In questo momento in cui ci sentiamo così profondamente feriti, forse sarebbe opportuno che il contatto iniziasse dalla parte musulmana, araba e palestinese. Ma non facciamo cerimonie sui nostri reciproci sentimenti di vittimismo. Noi ebrei abbiamo bisogno di ascoltare tutti coloro che condividono il nostro orrore per questi eventi e di condannarli inequivocabilmente.

Abbiamo bisogno di vedere altre figure politiche arabo- israeliane unirsi alle coraggiose osservazioni fatte dal leader del partito Ra'am Mansour Abbas che ha chiaramente denunciato Hamas e le sue terribili azioni. Dobbiamo sentirlo dai capi degli stati arabi con i quali presumibilmente abbiamo rapporti. Dobbiamo anche sentire dagli imam e dagli studiosi musulmani che questa è una vergogna per il vero Islam.

Nel combattere la scioccante e disgustosa disumanità di Hamas in questo momento, gli ebrei devono ricordare chi siamo e che tipo di forza vogliamo essere nel mondo. Dobbiamo ricordare l'alleanza che risale a Noè (vedere Genesi 9: 6- 10). Richiede una decenza umana universale, basata sulla nostra fede costante, anche nei momenti peggiori, che ogni essere umano è un’immagine vivente del nostro Creatore. E se si preferisce basarsi sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, piuttosto che sulla Torah, non abbiamo argomenti.

Nello spirito di questo patto, vi chiedo di unirvi a me nel chiedere al governo israeliano di revocare il blocco di Gaza per quanto riguarda cibo e acqua. La nostra tradizione ci dice che eyn bodkin li- mezonot; quando si tratta di nutrire gli affamati, non ci chiediamo chi sia un degno destinatario. Non dobbiamo essere visti come un popolo che cerca di sottomettere il nostro nemico alla fame. Questo non è, e non potrà mai diventare, il nostro modo.