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Sotto quel “viso aperto” con cui Matteo Renzi ha voluto titolare il suo primo editoriale del giornale affidatogli dall’editore Alfredo Romeo - napoletano come il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, poi vi dirò perché - c’è un decalogo del riformista, al minuscolo, che mi ha ricordato la celebre poesia di Rudyard Kipling tenuta sempre da Indro Montanelli nei cassetti della sua scrivania, a volte anche sopra per ispirarvisi meglio. Si chiama “If”, il se inglese, ed elenca le condizioni alle quali uno che la legge può considerarsi un uomo, «figlio mio», conclude l’autore.
Anche il riformista di Renzi - parafrasando un po’ Kipling - potrà sentirsi tale se saprà, fra l’altro, «sognare senza fare del sogno il suo padrone, se saprà pensare senza fare del pensiero il suo scopo, se potrà confrontarsi con Trionfo e Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori, se riuscirà a sopportare di sentire le verità che ha detto distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi…». Sicuramente Renzi riuscirà a sorprendere anche nella sua avventura giornalistica, peraltro consequenziale all’avventura politica. Già egli deve avere sorpreso l’editore ritoccando la testata per adattarla meglio a se stesso con quella erre sbilenca e rossa al posto di quella nera e dritta delle origini: una erre più come Renzi, appunto, stampato sotto con tanto di nome e qualifica.
Ma non vorrei che strada facendo Romeo facesse come il suo già ricordato conterraneo Napolitano. Che al Quirinale, pur apprezzando la riforma costituzionale varata da Renzi alla guida del governo, si mise le mani fra i capelli che non aveva assistendo alla gestione personalissima - o personalistica, come preferite - della campagna referendaria sfociata nella bocciatura. Alla quale contribuirono personalità che più diverse fra loro non potevano essere: da Silvio Berlusconi a destra, o al centro, come preferite, a Massimo D’Alema a sinistra. Che però - va riconosciuto anche questo - si erano già trovati a convergere ai tempi di una delle tante commissioni bicamerali sulle riforme costituzionali.
Renzi è uomo di grandi svolte e controsvolte rottamatrici. Ne sa qualcosa l’ancora stordito - penso - Giuseppe Conte, da lui aiutato nel 2019 a sottrarsi al bagno delle elezioni anticipate, perseguito dall’allora alleato leghista di governo Matteo - pure lui - Salvini, ma spinto già l’anno dopo verso la crisi che gli avrebbe fatto perdere Palazzo Chigi a vantaggio di Mario Draghi. Cerca di tenergli testa, sulla strada delle sorprese, e nella gestione del cosiddetto terzo polo, il suo ex ministro, ambasciatore e non so cos’altro Carlo Calenda. Ma temo, per quest’ultimo, con poche possibilità di uguagliarlo davvero, o addirittura superarlo, specie ora che Renzi col suo Riformista, e con quella erre piegata verso il suo nome, riuscirà a far parlare ancora più di sé. E a lasciare gli altri col fiato sospeso a seguirlo in una traiettoria di cui si conosce sempre l’inizio, mai la fine.