Chi ha passato a Salvini il famigerato video che ha pizzicato la giudice di Catania Apostolico alla manifestazione pro-migranti? E’ il nuovo ritornello che i “giornali delle procure” intonano in queste agitate sere d’inizio autunno. Intendiamoci, la domanda è legittima: quel video non sarebbe mai dovuto arrivare sul desk del ministro Salvini il quale, del resto, non avrebbe mai dovuto gettarlo in pasto ai social. La stranezza, semmai, è che a indignarsi sia il giornale di Travaglio con tutta la schiera di chi, in questi anni, si è nutrito degli spifferi delle procure.

Ma per un giudice, evidentemente, è diverso. Un giudice, lui sì, ha pieno diritto alla “presunzione di non colpevolezza”. Gli altri no. (p.s. è chiaro a tutti che quella giudice non corre alcun rischio, ed è sufficiente dare un’occhiata alle percentuali di “condanna” del disciplinare del Csm - prossime allo zero - per capire che non ha nulla da temere. Si accettano scommesse!)

E qui siamo arrivati al secondo punto della questione, quello, per così dire, più politico. E allora ci chiediamo: può una giudice sfilare con una piazza che grida “ministro Salvini assassino”? Certo, è poco ortodosso, ma la nostra Costituzione protegge la libertà di espressione e manifestazione anche di quella giudice.

E poi: può una giudice firmare un decreto di scarcerazione di tre migranti che fa cenere del decreto del governo? Certo che può: disapplicare una norma che confligge col diritto comunitario non solo è un diritto, ma è addirittura un dovere di un giudice. E allora, si dirà, il problema dov’è? Il problema sta nel fatto che la giudice che ha sfilato contro Salvini e quella che ha “disarticolato” il decreto Cutro, sono la stessa identica persona.

E qui arriviamo al terzo punto del problema, ovvero alla deriva, ci sia concesso, “eversiva” di un pezzo di magistratura convinta da anni di dover rispondere a una vocazione politica. “Usciamo dalle aule dei tribunali", predicava una corrente di magistrati riunita qualche giorno fa a Palermo. Ma la verità è che le toghe sono uscite a far politica anni fa, ottenendo tre risultati: auto-delegittimarsi, incrinare l’equilibrio dei poteri e infine usurare il nostro stato di Diritto. Non male per un'istituzione repubblicana.