Da qualche giorno leggiamo e parliamo di una direttiva europea “concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime” e del suo aggiornamento.

Molte agenzie hanno titolato sullo sfruttamento della maternità surrogata come uno dei nuovi reati (cioè non c’è nemmeno bisogno di leggere tutto l’articolo). Sono crimini orrendi, legati dall’abuso e dalla coercizione e dalla violazione delle libertà individuali. Ma molti hanno esultato perché finalmente l’Europa ci dà ragione e la maternità surrogata è un reato – se non ancora universale – finalmente europeo!

A parte che parlare come Napoleone non è proprio un sintomo rassicurante, stavolta era davvero facile: se mi obblighi a fare x, la condanna sta sull’obbligo e non su x.

Già lo scorso gennaio, per esempio, in un comunicato stampa intitolato Lotta contro la tratta di esseri umani: accordo del Consiglio e del Parlamento europeo per rafforzare le norme era spiegato a prova di distratti: “La tratta a fini di sfruttamento della maternità surrogata, ovvero quando una donna accetta di partorire un bambino per conto di un’altra persona o coppia che dopo la nascita ne diventano genitori, riguarderà coloro che ricorrono alla costrizione o all’inganno per indurre le donne a fare da madri surrogate” ( il corsivo è mio).

Come sempre la vertigine riguarda la possibilità di capire cose più complicate e la facilità con cui la costrizione e l’inganno sono scomparsi per lasciare solo la reazione irriflessa a “maternità surrogata”: cattiva, brutta, reato in tutti i laghi e gli universi.

Certo, probabilmente sono distrazioni intenzionali queste, ma non vorrei sopravvalutare i nostri commentatori compulsivi.

Iconograficamente la cosa più bella è forse il commento di Fratelli d’Italia ( erto, lo so): “Grazie a Fratelli d’Italia e ai conservatori, la maternità surrogata sarà un reato perseguibile in tutta Europa.

Contrastare il mercimonio del corpo femminile è un dovere” e sotto una bella foto dell’ultim’ora dell’Ansa “lo sfruttamento della maternità surrogata diventa eurocrimine”.

Ora, io capisco che è difficile ma almeno scegliere un’altra foto?

Poi per quella crudele legge dell’Internet i commenti sono perfino peggiori (“i miei nudi in bio” in confronto è il nuovo bellissimo romanzo più corto di sempre dopo “for sale: baby shoes, never worn”) e viene voglia di chiudere tutto e non pensarci mai più.

Però sono una inguaribile ottimista e quindi vorrei ricordare che chi vuole condannare moralmente e vietare dovrebbe provare a fare qualcosa di meglio. E che non distinguere tra una possibile scelta e un abuso è un po’ rischioso e che se usassimo questo principio saremmo costretti a vietare tutto: uscire, fare sesso, sposarsi e poi divorziare, abortire, mangiare un gelato.

Se scelgo di uscire va tutto bene, ma se qualcuno mi costringe un po’ meno. Se scelgo di fare sesso con qualcuno va tutto bene, ma se qualcuno mi costringe non va bene per niente.

Non dovrebbe esserci bisogno di declinare tutti i possibili casi per concludere ( e spero per concordare) che è la costrizione a essere condannabile e non le passeggiate o il sesso. È da questi particolari che si giudica un reato e se fai finta che non sia così forse ti serve un amministratore di sostegno o stai goffamente intortando il tuo interlocutore.

Il problema con la maternità surrogata è che per condannarla e per giustificarne il divieto non basta dire che non lo fareste, che offende chissà chi, che si mercifica e si vende chissà cosa come fossero argomenti inattaccabili. Si può fare di più, cioè si dovrebbe dimostrare un danno per qualcuno in senso forte e, soprattutto, leggere meno distrattamente i titoli.