Il boicottaggio delle università israeliane promosso dal senato accademico di Torino, da quello della Normale di Pisa e dai collettivi degli studenti è qualcosa che sfugge alla comprensione razionale. Anche dal punto di vista simbolico si fa fatica a coglierne l’utilità.

Si coglie benissimo, invece, la volontà di discriminare un’intera comunità intellettuale non per le proprie idee, non per le proprie posizioni politiche, ma per la sua appartenenza nazionale. La stessa rozza e sgradevole assimilazione che, lo scorso novembre, portò al boicottaggio del festival del fumetto Lucca Comics perché la sua locandina era stata illustrata dai disegnatori israeliani Asaf e Tomer Hanuka.

I promotori dell’iniziativa sono davvero convinti che interrompere i programmi di ricerca con gli atenei dello Stato ebraico aiuterà l’avanzamento della causa palestinese? Che l’isolamento di accademici, scienziati, ricercatori rafforzerà l’opposizione alla guerra di Netanyahu e del suo governo estremista? Ha perfettamente ragione Massimo Cacciari quando dice che in un momento così drammatico le relazioni con gli atenei israeliani, e Medio Orientali dovrebbero essere moltiplicati, altro che boicottaggio.

«Non vogliamo essere complici» spiegano i 2500 firmatari della lettera di docenti, dottorandi e personale tecnico rivolta al ministro degli Esteri Tajani. Ma complici di cosa? Il pomo della discordia è il bando Maeci, l'accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia-Israele che scade domani. Entrando nel merito il bando prevede tre campi di ricerca: tecnologia di fertilizzazione del suolo, desalinizzazione, purificazione e smaltimento delle acque reflue e ottica di precisione.

Molti citano, un po’ a sproposito, la tecnologia cosiddetta “dual use”, sostenendo che quei programmi accademici possono servire sia per finalità civili che per scopi militari. In particolare gli studi sull’ottica di precisione, omettendo però che sono ricerche rivolte al rilevamento delle onde gravitazionali, uno dei campi più promettenti dell’astrofisica contemporanea che, tra le altre cose, nel 2017 portò il premio Nobel agli scienziati Rainer Weiss, Barry C. Barish e Kip S. Thorne.

La relazione tra questi progetti scientifici e la guerra in corso nella Striscia di Gaza è puramente immaginaria; interrompere il bando sarebbe stupido e sbagliato, almeno quanto boicottare un corso universitario su Dostoevskij perché l’esercito di Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina.