Alcune premesse prima di dire la mia sul caso Cospito che sta scuotendo la politica italiana. Anche in questa fattispecie non c’entra dire “io sono contrario all’ergastolo ostativo”. Sono altrettanto convinto che la detenzione secondo quanto previsto dal ‘’41 bis’’(ormai è questa la definizione comune) abbia aspetti e modalità contraria alle finalità della pena indicate dall’articolo 27 della Costituzione.

E’ uno dei tanti casi che, in Italia, dettati da situazioni di emergenza straordinaria restano come prassi ordinaria nell’ordinamento. Nel trattamento dei detenuti in regime di ‘’41 bis’’ vi sono regole che mortificano la persona del detenuto peraltro utili solo a peggiorare le condizioni della detenzione. Quale ulteriore premessa credo che si debba chiarire in modo inoppugnabile il grado di riservatezza dei documenti resi pubblici in Aula da Giovanni Donzelli, perché da questo chiarimento deriva una valutazione corretta della gravità del fatto ovvero di aver resi pubblici quei documenti stessi, come strumento di lotta politica. In tale contesto va giudicato anche il comportamento del sottosegretario Demastro.

Si tratta comunque di fatti gravi che possono avere un rilievo penale tenendo conto dei ruoli dei parlamentari interessati, al ministero di via Arenula e al Copasir. In ogni caso, sul piano politico, l’incidente è molto grave, non solo per la provocatoria domanda finale («siete con lo Stato o con la mafia»), quanto piuttosto per la concatenazione forzata e provocatoria degli eventi durante la visita dei deputati dem al carcere di Sassari che hanno portato al sillogismo caro ai «professionisti del bene» (come li definisce Alessandro Barbano ne L’Inganno) in base al quale chiunque si discosta dai loro canoni è colluso con la criminalità. Sarà il Giurì d’onore a giudicare su questi ultimi aspetti, mentre sui primi sta già indagando la magistratura. La valutazione politica (fino alle possibili dimissioni o sostituzioni) spetta a Giorgia Meloni.

A questo punto che dire della delegazione del Pd che si è recata a Sassari, composta da un ex ministro, dalla capogruppo alla Camera, dal responsabile della giustizia per il partito e da un autorevole esponente sardo? Le mie sono solo considerazioni di opportunità visto che i quattro hanno esercitato un diritto riconosciuto ai parlamentari. Ma c’era bisogno di una delegazione tanto autorevole a qualificata per fare visita a un criminale? A nessuno di loro è avvenuto il dubbio di dare troppa importanza al suo caso? Soprattutto da parte di esponenti di un partito che non esitano ad abbandonare come un cane in autostrada quegli amministratori o dirigenti incappati in un arresto, in carcere o ai domiciliari, e travolti da un calvario processuale infinito, sotto il tallone delle procure (salvo essere riconosciuti innocenti dopo tanti anni). Basta avere un po’ di memoria o sfogliare i quotidiani che hanno trattato questi casi, leggere le dichiarazioni rilasciate da quanti si sono sentiti abbandonati dai loro compagni di partito, per chiedersi se davvero fosse opportuno tanto riguardo per Alfredo Cospito.

Da ragazzo mi colpì la riunione del Consiglio comunale di Ferrara all’interno del petrolchimico occupato dai lavoratori. Altri tempi? Concludo rammentando un caso che mi sta a cuore (ma potrei parlare di altri proprio con i commenti dei malcapitati: pensiamo, da ultimo, ad Andrea Cozzolino). Quando ero deputato ho visto e sofferto l’isolamento in cui fu lasciato Ottaviano Del Turco (tra i fondatori del Pd) dopo il suo arresto il 14 luglio 2008. Fui il solo a recarmi, insieme ad una collega, in visita al carcere di massima sicurezza dove era rinchiuso. Quando venne messo in libertà (in attesa del processo e quindi presunto innocente) Ottaviano si presentava alla Camera, si sedeva nel Transatlantico vicino alla buvette e mi chiamava al telefono. Appena possibile lo raggiungevo. E osservavamo insieme i deputati del Pd compiere giri strani o passarci davanti in fretta, al massimo con un cenno imbarazzato di saluto.