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Che emozione per i giornali questo scandalo del “Qatargate”, probabilmente gli sembra di rivivere la gloriosa stagione di Tangentopoli, le mazzette nascoste nei pouf, i potenti decaduti, la caccia alle mega tangenti, gli avvisi di garanzia che fioccano qua e là. E la prima Repubblica che esplode in mille pezzi.
La suggestione parallela delle vedove di Mani Pulite è che l’inchiesta condotta da Michel Claise, il magistrato belga dalla manetta facile e dal volto sempre a favore di telecamera, potrebbe fare lo stesso con il Parlamento europeo e, per estensione, con tutta la Ue.
“L’affaire che rischia di distruggere l’Europa”, gridano da giorni un po’ tutti, aggiungendo di volta in volta dettagli tanto pruriginosi, quanto irrilevanti dal punto di vista giudiziario. È quasi un filone letterario, che si incrocia con le aggressive tecniche di marketing dell’informazione online (i pezzi di colore sulle valigie gonfie di denaro fanno guadagnare più click e visualizzazioni), con titoli drogati a introdurre articoli di fuffa evocativa, puntando il faro sugli emiri dei fondi sovrani petroliferi, sui servizi segreti del Marocco, sugli ex comunisti che diventano lobbisti perdono la testa in un fiume di lusso e quattrini.
Dicono inoltre che nei prossimi giorni spunteranno nuovi, inquietanti risvolti, che l’inchiesta si allargherà a macchia d’olio toccando altri europarlamentari, che i milioni sbucheranno dai divani, dai cassetti, dalle botole e dai controsoffitti. Forse ci sarebbe una vera e propria associazione criminale dietro lo scandalo.
Il clima di isteria generale rischia peraltro di far smarrire la misura anche alle stesse vittime del “Qatargate”, come la presidente de Parlamento europeo, l’avvocata maltese Roberta Metsola che parla di «attacco alla democrazia» da parte di potenze straniere con la stessa gravità di Winston Churchill prima della battaglia di Inghilterra contro la Luftwaffe. Viene un senso di smarrimento a immaginare che le autocrazie del Golfo affidino al pasciuto Panzeri e alla sua banda di amici il compito di smantellare le nostre libertà democratiche.
Pare che le indagini del procuratore Claise vadano avanti da oltre un anno e mezzo ma per il momento il perimetro dei fatti accertati resta limitato come rimangono fumosi e indefinibili gli obiettivi dei corruttori e i vantaggi da loro ottenuti pagando i lobbisti. Cosa potrà aver mai spostato l’elogio del Qatar pronunciato dalla socialista greca Eva Kaili lo scorso 21 novembre di fronte a qualche decina di parlamentari annoiati e distratto?
Intanto, però, Eva Kaili resta in carcere, il procuratore Claise spera infatti che la custodia cautelare la faccia crollare, che la spinga a “confessare” e sembra che in parte ci stia riuscendo. Si chiama tortura psicologica. Gli stessi metodi utilizzati dal pool di Mani Pulite che tanto eccitano i nostri media per i quali il Quatargate più che uno scandalo è una speranza.