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La bozza dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contenzioso tributario (chi sperava che il sostantivo fosse stato definitivamente sostituito da quello di processo è rimasto deluso) ha introdotto nel testo dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 546/92 il comma 2 nonies, in forza del quale il Collegio giudicante nella liquidazione delle spese “tiene altresì conto del rispetto dei principi di sinteticità e chiarezza degli atti di parte”.
Il successivo articolo 17 ter introdotto dall’articolo 1 dello stesso schema di decreto stabilisce che “gli atti del processo, i verbali e i provvedimenti giurisdizionali sono redatti in modo chiaro e sintetico”.
La formula è nuova per il processo tributario ma non per quello civile, in quanto l’articolo 121 del c.p.c. stabilisce, con effetto dal 30 giugno 2023, che tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico. Una disposizione analoga è contenuta nell’articolo 366 c.p.c., riservata al ricorso per Cassazione, in tema di chiarezza espositiva dei fatti e di chiarezza e sinteticità espositiva dei motivi. L’esigenza manifesta del legislatore di porre un freno alla prolissità non solo degli atti processuali ma anche dei provvedimenti giurisdizionali (il riferimento è alla sentenza, poiché l’articolo 134 cpc già dispone che l’ordinanza è succintamente motivata) mi ha reso il miracolo di operare il trasferimento della mente dalla materia giuridica alla materia letteraria, nella quale la forma del testo ha una sola specifica e sublime funzione: rendere comprensibile il pensiero del suo autore e ottenere il coinvolgimento del lettore nella funzione esistenziale della letteratura.
Il tema della sinteticità o della rapidità della narrazione fu, infatti, affrontato mirabilmente da Italo Calvino nelle Lezioni americane (quella sulla rapidità o Quickness nel manoscritto), compendio di lezioni che egli avrebbe dovuto svolgere nell’anno accademico 1985-86 ma non vi potè a causa della premorienza.
Passando dall’economia espressiva del folktale alle novelle del Boccaccio, dalla letteratura inglese di Thomas De Quincey e dell’esperienza delle grandi velocità alla velocità dei cavalli dello Zibaldone, fino al discorrere come correre di Galileo e alla velocità di pensiero del Dialogo dei massimi sistemi, Calvino dichiara di essersi proposto di raccomandare un valore al prossimo millennio: in un’epoca in cui altri media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano, e rischiano di appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea, la funzione della letteratura è la comunicazione tra ciò che è diverso in quanto è diverso, non ottundendone bensì esaltandone la differenza, secondo la vocazione propria del linguaggio scritto. La velocità mentale non può essere misurata e non permette confronti o gare, né può disporre i propri risultati in una prospettiva storica. La velocità mentale vale per sé, per il piacere che provoca in chi è sensibile a questo piacere, non per l’utilità pratica che si possa ricavare. Un ragionamento veloce non è necessariamente migliore di un ragionamento ponderato; tutt’altro; ma comunica qualcosa di speciale che sta proprio nella sua sveltezza.
Ecco che i giuristi e i pratici del diritto devono avere l’onestà intellettuale di confrontarsi con questi principii nel momento in cui la legge impone loro doveri di sinteticità e chiarezza.
Ma la velocità deve, al tempo stesso, adattarsi al motto latino festina lente, affrettati lentamente, motto che in più occasioni – per ritornare un momento alla realtà del processo - è stato invocato per correggere gli slanci in favore di una giustizia tributaria tout court rapida quale garanzia del giusto processo.
Festina lente, come la farfalla e il granchio che illustrano il Festina lente, ricorda Calvino, nella raccolta di emblemi cinquecenteschi di Paolo Giovio, due forme bizzarre ed entrambe simmetriche, che stabiliscono tra loro un’inattesa armonia.
La sinteticità non si contrappone alla prolissità ma all’analiticità e in questa può trovare utile sistemazione anche la chiarezza, che esclude la ripetitività. Calvino rimanda a Borges, che si proietta verso l’infinito nel periodare più cristallino e sobrio e arioso, con un linguaggio tutto precisione e concretezza, la cui inventiva si manifesta nella varietà dei ritmi, delle movenze sintattiche, degli aggettivi sempre inaspettati e sorprendenti.
Anche un testo lungo, se ha quel contenuto narrativo, quei caratteri, potrà meritarsi il piacere e il rispetto della lettura. Altrimenti varrà quel che Pascal sottolineò alla fine di una lettera indirizzata ad un amico: scusate se la lettera è troppo lunga, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve.