Immaginate di essere un bambino nato in un modo insolito ( ma poi che vuol dire?) e di non avere gli stessi diritti di un altro bambino nato in modo tradizionale ( ma poi che vuol dire?). Un tempo erano i figli naturali, quelli nati fuori dal matrimonio, i bastardi. Oggi sono i nati grazie alle tecnologie riproduttive, principalmente da maternità surrogata e, ovviamente, non in Italia. Perché la legge 40 la vieta e quindi alcune persone vanno in altri paesi dov’è legale e provano lì ad avere un figlio. Poi tornano e il certificato di nascita dovrebbe essere trascritto.

Immaginate di essere un genitore e di sapere che vostro figlio non ha gli stessi diritti degli altri figli perché non è nato dopo un rapporto sessuale. Lo sforzo di immaginazione non ha un confine identitario e dovrebbe essere per tutti ovvio e scontato che i diritti dovrebbero essere garantiti a tutti i figli indipendentemente da come sono venuti al mondo.

Eppure non è così e l’ultima condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo ci ricorda che è ovvio solo per chi è ingenuamente ottimista.

Che cosa è successo e perché la Corte ha condannato l’Italia? Perché l’autorità italiana aveva rifiutato di trascrivere il certificato di nascita di una bambina nata in Ucraina nel 2019, nonostante il decreto del presidente della repubblica (396/ 2000) stabilisca che l’ufficiale di stato civile deve controllare la conformità del certificato e trascriverlo. Non dovrebbe mettersi a fare domande né soprattutto non dovrebbe rifiutare di farlo. E invece questo è successo e non è la prima volta.

Perché? Perché “gli atti formati all’estero non possono essere trascritti se sono contrari all’ordine pubblico”. E così questa bambina si è ritrovata a essere apolide, una specie di fantasma e senza nemmeno il riconoscimento del padre biologico – per una meravigliosa questione burocratica, perché siccome il ricorso era contro il comune che aveva negato il riconoscimento dei due genitori allora la richiesta di riconoscere almeno il genitore biologico è stata rifiutata. È meglio non farsi altre domande al riguardo perché viene il mal di testa. Ora la Corte europea ha in parte rimediato a questa oscenità condannando il rifiuto della trascrizione – giustificato con la contrarietà

della surrogata all’ordine pubblico e con la incredibile allucinazione che questo rifiuto non stesse violando l’interesse del minore – ma non è una soluzione dover passare per ricorsi e tribunali per ottenere il riconoscimento di diritti dovuti.

Immaginate di essere un genitore e di chiedervi: ma se mi succedesse qualcosa o se morissi che cosa ne sarà di mio figlio? È un pensiero che forse ogni genitore fa e in questo caso è aggravato da una orrenda ingiustizia e da mancati diritti, giustificati nascondendosi dietro alla trascuratezza burocratica.

“Prima i bambini” è spesso uno slogan urlato dai conservatori per difendere le posizioni più indifendibili, ma è bizzarro che in questo caso non valga. E chi può pensare che a pagare debbano essere i bambini, proprio quelli che dovrebbero venire prima? Come si può giustificare la condizione di questa bambina, sospesa nel nulla e priva di un riconoscimento ufficiale?

Questo è un bel guaio, soprattutto perché nel frattempo la Camera ha approvato quella sciocchezza del reato universale e, sebbene inapplicabile e normativamente insensato, il bersaglio di questa proposta di legge – che è solo un posizionamento politico e moralistico – sembra essere chiaro: non garantire diritti ai nati in un modo insolito (ma poi che vuol dire?), tutti i figli non geneticamente affini e quindi forse anche quelli nati grazie all’uso di un gamete altrui ( la cosiddetta eterologa). Il modello familiare è abbastanza evidente: madre e padre che non devono avere bisogno di diavolerie tecnologiche e devono condividere il patrimonio genetico – che è una ossessione di cui qualcuno bravo dovrebbe prima o poi occuparsi. Se quel modello lo scegli per te va pure bene, ma può essere usato per togliere diritti e per punire i figli?

La Corte ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea, il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, ma non c’è niente di cui rallegrarsi. Non solo per alcuni aspetti specifici della decisione ( soprattutto rispetto alla madre solo intenzionale) ma perché non è giusto che passi tutto questo tempo, non è giusto che molti bambini corrano il rischio di passare anni in un limbo normativo, mentre tutti continuano a concordare che “prima i bambini”. Ma cosa vuol dire?