No, gli artisti non sono nostri amici né scimmiette ammaestrate e nessuno di noi ha il diritto di interrompere un’esibizione perché non gli sta piacendo o perché non gradisce la scaletta. È una questione elementare, di rispetto, che neanche bisognerebbe discutere.

Quindi ha fatto benissimo Morgan a incazzarsi con il gruppetto di disagiati che lo ha insultato e preso in giro durante una lezione-concerto dal titolo "Battiato, segnali di vita e di arte" che si stava svolgendo nel parco archeologico di Selinunte.

Volevano ascoltare le cover di Battiato, volevano cantare Cuccuruccucù, insomma volevano il juke-box, anzi la playlist di Spotify per “skippare” i brani a loro piacimento. E a quel punto lui ha perso letteralmente la testa, finendo in un istante nello sciocco e crudele tritacarne della comunicazione social.

“Morgan sbrocca” è il deprimente hashtag pubblicato dal Corriere della Sera, il primo a lanciare il video che in pochi minuti è rimbalzato ovunque nella rete, alimentando la shitstorm nei confronti del cantautore milanese. E puntuali come la morte sono spuntati i moralisti, gli sicacalli e i censori che chiedono la sua esclusione dall’imminente stagione di X Factor. In un corsivo apparso sul Fatto Quotidiano si pretende addirittura che la smetta per sempre di lavorare in televisione con la preghiera agli autori di Sky (e di altre reti) di dargli il benservito (sic): «Lo devono al pubblico e al decoro che chi ha il privilegio di abitare il piccolo schermo sarebbe tenuto a conservare». Nell’invettiva di Morgan, scomposta, egocentrica, fuori dalle righe, quasi tutti hanno speculato sull’inaccettabile insulto omofobo rivolto ai contestatori (di cui si è scusato). Quasi nessuno però ha provato ragionare sulla causa dello “sbrocco” per impiegare il linguaggio da clickbait che ormai dilaga anche nella redazione del prestigioso Corsera. Nella triste serata siciliana c’è un passaggio quasi commovente in cui Morgan esprime tutta la sua frustrazione: «Ho dei sentimenti, non sono un personaggio!».

È questo il punto centrale della questione: oggi sono cadute le distanze, il diaframma o la parete che separava gli artisti dal loro pubblico. Tutto deve essere a portata di mano, tutto deve essere on demand, è l’”uno vale uno” applicato al mondo dello spettacolo e della cultura. Guai se rifiuti di farti un selfie con me, guai se non suoni le canzoni che piacciono a me e guai soprattutto se osi farmelo notare perché ti do in pasto al tribunale di internet. È la “tik-tokizzazione” della società che sta trasformando milioni di adulti in bambini capricciosi e impazienti, incapaci di mantenere l’attenzione e di avere curiosità verso ciò non conoscono o che non capiscono. Oggi non si è più artisti si è “personaggi”, pupazzi di peluche di cui disporre a piacimento. E allora ha ragione Morgan: tenetevi Fedez.