Fino a ieri a qualcuno era parsa esagerata l’iniziativa della Comunità ebraica di Milano, che aveva diffuso un vademecum di comportamenti di prudenza per i propri associati, sollecitandoli fino alla necessità di nascondersi o di mascherarsi per non essere riconosciuti come ebrei. Un allarme da tuffo nel passato nazista dei rastrellamenti e dello sterminio di un popolo.

Poteva sembrare esagerato, poi i due arresti del mattino e la conferenza stampa del procuratore Marcello Viola avevano rafforzato un allarme terrorismo, in una città non più abituata alla violenza, in cui le manifestazioni dei giorni scorsi non erano parse particolarmente preoccupanti, pur se avevano trasformato la tragedia dell’assalto di Hamas del 7 ottobre, in occasione per porsi al fianco del popolo palestinese invece che di quello colpito di Israele. I ragazzi che occupano in queste occasioni le piazze milanesi sono un po’ i figli di genitori residenti nell’ “Area C”, il centro storico delimitato dalle Porte, quello che elegge da qualche anno i sindaci di sinistra e che l’ultima volta ha gratificato Matteo Renzi con un bel 20%.

Nulla di preoccupante, dunque, è la democrazia bellezza, anche se si è sentito gridare che il terrorismo è uno solo, quello dello Stato “fascista” di Israele. E certo non avevano favorito un clima di serenità le dichiarazioni dell’Imam di Segrate, che dirige quella che è forse la più grande moschea italiana, il quale, nella trasmissione “L’aria che tira” condotta da David Parenzo, si era pervicacemente rifiutato di prendere posizione contro Hamas, neppure per constatare, come pare evidente, che la sua politica terroristica non giova, anzi danneggia lo stesso popolo palestinese.

“Hamas - aveva detto Ali Abu Shwaima - è stata classificata da voi, dall’Italia, dall’Europa come un’organizzazione terroristica, quindi avete tappato tutte le bocche”. Che cosa direbbero le bocche, se non fossero state tappate? Per esempio che uno come lui è un “pacifista”, uno che è “contro ogni aggressore, specialmente se bombarda cittadini inermi come sta facendo a Gaza”. Cioè Israele e il governo “che sgancia quattromila tonnellate di bombe”. Ma silenzio su Hamas. Comunicazione difficile, ma pur sempre siamo nel campo delle opinioni. Che però non lasciano tranquilla la Comunità ebraica. Il vademecum sui comportamenti consigliati ai propri associati fa un po’ paura. Perché suggerisce di nascondersi, di mascherarsi, di celare la propria identità e appartenenza. Ed è meglio pensare che siano raccomandazioni esagerate, come quelle dei genitori di un tempo sulle caramelle che non andavano accettate da parte degli sconosciuti. Però, però. Diamo un’occhiata.

Intanto il presidente della Comunità Walker Meghnagi ha istituito un centralino perché si segnali “qualsiasi evento sospetto o di aggressione”. Quanto ai comportamenti suggeriti, c’è prima di tutto quello di non esibire segni indentificativi come la kippah, fino a quello di non sostare in gruppo davanti alle loro sedi, di stare attenti ai messaggi sui social fino a stare in guardia dai corrieri che portano cibi a domicilio, che non vanno fatti entrare in casa. Né loro né altri sconosciuti. È evidente che si temono azioni violente dirette contro una tipologia precisa di obiettivi, quella di appartenenza al popolo ebraico. Ma va detto che, per fortuna, questo fino a ora rimane solo un allarme. Perché il vero timore, se dovessimo prefigurarlo anche per l’Italia, come già capitato in altri Paesi europei, potrebbe essere quello di aggressioni terroristiche casuali, per esempio nel metro o in una piazza. Ma non è accaduto, anche se proprio a Milano nei giorni scorsi, un cittadino egiziano di 33 anni è stato arrestato dopo che aveva aggredito tre passanti, senza armi né coltelli ma impugnando solo una copia del Corano e gridando “Allah è grande”. Un episodio che non è collegato con gli arresti di questa mattina. Ancora un egiziano, con permesso di soggiorno, e un naturalizzato italiano.

Nella conferenza stampa il procuratore capo Marcello Viola e il pm dell’antiterrorismo Alessandro Gobbis hanno usato toni piuttosto preoccupati. Ma dalle imputazioni, “partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo” e “istigazione a delinquere con finalità di terrorismo” si capisce che, se c’erano intenzioni di compiere atti di violenza, erano rimaste tali. Siamo alla prevenzione nei confronti di azioni terroristiche concrete, quasi una punizione nei confronti di “cattivi maestri”, attivi soprattutto sul web. Ma il clima è questo. E Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, ha sofferto troppo anche negli anni Settanta, e poi ancora nei Novanta, perché le si possa chiedere di dimenticare e di non stare in allarme. Magari anche in modo eccessivamente preoccupato.