Più che Lucia Annunziata, lasciatasi rappresentare nei giorni scorsi sulla Stampa, di cui è editorialista, e sulla consorella Repubblica come una “prigioniera politica” della Rai, dalla quale si sarebbe dimessa irrevocabilmente per liberarsi appunto delle catene, o evitare che le diventassero più strette ai polsi e ai piedi con “Tele-Meloni”, nel ruolo di prigioniero politico ho avvertito il pur assente Silvio Berlusconi nella mezz’ora in più di domenica scorsa su Rai 3. Che la conduttrice televisiva, ex direttrice di telegiornale, ex presidente dell’azienda ci ha ugualmente offerto e ripeterà a offrirci per impegni contrattuali sino a fine giugno, o stagione, come si dice dei programmi in palinsesto.

Tra l’intervistato principale della puntata, l’ex presidente del Senato Pietro Grasso in veste però di ex magistrato protagonista di inchieste e processi contro la mafia, il giornalista di cronaca giudiziaria del Corriere della Sera Giovanni Bianconi e la stessa Annunziata ancora padrona di casa è stato tutto un rimbalzo di domande, dubbi, supposizioni, attese sul mistero dei misteri delle stragi di mafia del biennio fatale 1992- 93. Che non è, signori miei illusi dalle cronache processuali e dai tanti libri che le hanno accompagnate facendo la fortuna dei loro autori, la famosa, fantomatica trattativa fra lo Stato e la mafia, o pezzi dell’uno e dell’altra, che l’ha “fatta franca” - direbbe Pier Camillo Davigo - passando per i tre gradi di giudizio toccati ai vari imputati politici e militari usciti assolti. No, il mistero resta quello della fine delle stragi coincisa con la vittoria elettorale nel 1994 di Berlusconi, della sua Forza Italia e naturalmente del centrodestra, come se le une fossero state propedeutiche all’altra, anche se non si è mai riusciti a trovare prove o indizi sufficienti a produrre un processo vero e proprio, oltre che indagini archiviate. Ma indagini riapribili in ogni momento, ad ogni stornire di cornacchie o simili, grazie alla imprescrittibilità di certi reati. Per cui tutti rimangono appesi, nei tribunali e fuori, all’ultima allusione, all’ultimo ricatto, all’ultima intercettazione o esibizione televisiva dei personaggi più disparati, qualunque mestiere avessero fatto e facciano, dal mafioso al gelataio.

Questa rincorsa sulla strada della volta buona in cui poter vedere realizzare il sogno di tradurre un sospetto, o una convinzione, una sensazione in un’accusa finalmente stringente ha come tappe le celebrazioni delle stragi. Non a caso è sfuggito all’Annunziata di parlare di una “festa”, pur tra tanto di virgolette segnalate anche con un gesto, parlando domenica del trentesimo anniversario dell’eccidio di Firenze cui era dedicata quella parte della sua mezz’ora in più, dopo essersi occupata dell’acqua e del fango in Emilia Romagna. Se, non avendo visto e ascoltato, foste indotti a non credere, potreste verificarlo facilmente usando Replay per vedere e ascoltare, appunto, di persona.

Dove non sono arrivati vecchi e nuovi magistrati inquirenti, vecchie e nuove indagini ancora formalmente aperte potrà spingersi - ha detto o auspicato Pietro Grasso conciliando il suo vecchio mestiere e la sua nuova passione politica l’ennesima Commissione parlamentare antimafia appena ricostituita e presieduta dalla giovane deputata di destra Chiara Colosimo, così fortemente voluta dalla leader della destra e premier in persona Giorgia Meloni. A questo proposito Grasso ha invitato insolitamente, dal punto di vista della sua parte politica, a non essere poi tanto prevenuti, potendo o dovendo essere la Colosimo giudicata sia per quello che farà sia o forse ancor più per quello che non farà. Ma farà o non farà, in particolare, che cosa o per che cosa? Evidentemente per tenere accese o spente, o spegnerle ogni volta che dovessero riaccendersi le speranze di attribuire le stragi di mafia a qualcosa di ancora più torbido e concreto del contesto, quanto meno, di cui Berlusconi avrebbe avuto bisogno per entrare in politica a vele gonfiate dalla paura e vincere la sua partita alla prima mano.

Peccato, anche per lei dal suo punto di vista naturalmente, che Lucia Annunziata abbia voluto togliersi da questa partita in futuro rinunciando al mezzuccio che pure la Rai anche di TeleMeloni, o TeleColosimo le aveva lasciato a disposizione da prigioniera politica quanto meno di lusso. Ma altre volte - va detto- Lucia, come mi permetto di chiamarla da collega con un bel po’ di anni più di lei, ha rotto e ricucito con “mamma Rai”. Se poi dovesse davvero passare alla concorrenza come un Fazio o una Littizzetto qualsiasi, alle prese col problema della loro pensione ancora ben da maturare a 58 anni ciascuno di età, o accettare da Elly Schlein la candidatura a parlamentare europea del Pd negata a suo tempo a Nicola Zingaretti, vedremo. Di certo escludo che possa toccare a lei scoprire dove sia davvero l’Araba Fenice di una Rai insieme pubblica e immune da ogni influenza, ingerenza e simili di Parlamento, al singolare e con la maiuscola, e di governi, partiti, correnti e via elencando, al plurale e al minuscolo