Per la prima volta in Italia è stata realizzata una ricerca dedicata all’accertamento della responsabilità sanitaria in ambito giudiziario. Si tratta dell’indagine realizzata sul campo dall’Eurispes, in collaborazione con la XIII Sezione del Tribunale di Roma, lo studio legale Di Maria Pinò e l’Enpam. I risultati sono stati presentati ieri e sono contenuti in una pubblicazione intitolata “La legge Gelli- Bianco e l’accertamento tecnico preventivo. Un primo bilancio sull’accertamento della responsabilità sanitaria nel Tribunale di Roma”.

Nella XIII Sezione del Tribunale della capitale (una analoga è presente solo presso il Tribunale di Milano) operano sedici magistrati, impegnati in via esclusiva in materia di responsabilità professionale. In tale ambito, la responsabilità sanitaria è prevalente con l’ 85% circa del totale dei casi. Ne consegue, per conoscere meglio le dimensioni del carico dei procedimenti, che il Tribunale di Roma è quello in cui si concentra il maggior numero di cause di responsabilità medica e delle strutture sanitarie tra tutti i Tribunali italiani ( il 35% circa del totale). Nel lavoro di consultazione della documentazione presente nell’archivio della XIII Sezione sono stati considerati circa 2mila Accertamenti tecnici preventivi (Atp) in un preciso intervallo di tempo: dal 1° aprile 2017 (data di entrata in vigore della “Legge Gelli- Bianco”) al 31 dicembre 2021. È stato così possibile repertare gli Accertamenti tecnici preventivi effettuati da 336 medici legali. In tutto sono stati considerati complessivamente 1.380 Atp.

L’indagine promossa dall’Eurispes ha il merito di aver consentito di effettuare una valutazione dell’impatto della “Legge Gelli” in riferimento agli Accertamenti tecnici preventivi volti alla conciliazione della lite ( ai sensi dell’articolo 696 bis del Codice di procedura civile), che rappresentano il primo livello della sua applicazione. La “Gelli” è nata per perseguire un obiettivo preciso: combattere la cosiddetta “medicina difensiva”, cioè una serie di comportamenti tenuti dall’operatore sanitario nei confronti del paziente con il solo fine di evitare il rischio della insorgenza dei contenziosi civili e penali a carico del medico e/ o della struttura sanitaria. L’impatto della medicina difensiva sul Servizio sanitario nazionale è considerevole.

Oltre a costringere i medici in trincea, incide per circa 10 miliardi l’anno, pari allo 0,75% del pil (il dato si riferisce all’anno 2014). «A cinque anni dall’entrata in vigore della legge – commenta il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara -, nonostante alcune previsioni necessitino ancora dei decreti attuativi per poter dispiegare i propri effetti, dai risultati emersi appare come, almeno in parte e specularmente per il settore della responsabilità civile, la norma abbia raggiunto alcuni degli obiettivi prefissati. Il dato di maggiore rilevanza è che nell’analisi dei 1.380 Atp esaminati, i medici non risultano essere personalmente coinvolti nel 70,3% dei casi, mentre lo sono nel 29,7%. Dalla ricerca emerge che gli Atp che si concludono positivamente per il paziente sono il 65,3%, mentre l’esito è stato positivo per la struttura il 31,1% delle volte. Nei due terzi dei casi, dunque, la responsabilità professionale della struttura sanitaria e/ o del medico risultano effettive».

L’Atp, dunque, essendo il vero fulcro e cardine del procedimento, non è altro che un giudizio che alcuni medici danno sull’operato di altri colleghi. «Nel 29% degli Atp – evidenzia Fara vi è stata una chiamata in causa dell’assicurazione. Guardando alla tipologia di convenuto, il 40,4% delle volte risulta trattarsi di una struttura pubblica, il 36,1% di struttura privata e, nell’ 11% dei casi, di medico persona fisica- assicurazione. Se si analizza il dettaglio dei settori specialistici interessati, emerge che il settore coinvolto più spesso è ortopedia (16,3%), seguito da chirurgia (13,2%) e da infettivologia (11,7%). Nel complesso il 41,2% degli Atp interessa questi tre settori».

I dati pubblicati fanno emergere un contesto molto chiaro rispetto all’operato dei medici. Indicano, da un lato, come la maggioranza delle richieste di accertamento non sia pretestuosa ed evidenzi responsabilità mediche e delle strutture sanitarie, dall’altro come i medici specialisti chiamati a valutare, in qualità di consulenti tecnici d'ufficio, siano corretti e trasparenti nell’accertamento delle responsabilità dei colleghi. Altro aspetto importante riguarda il problema legato al funzionamento delle strutture mediche e ospedaliere, che prevale sulla responsabilità dei medici. «Il contrasto al fenomeno della medicina difensiva – conclude il presidente dell’Eurispes - necessita anche e soprattutto di un intervento sociale e culturale di sistema, incentrato sul diritto ad un’adeguata informazione dei cittadini sulla efficacia degli interventi sanitari, costruito mediante il dialogo tra il paziente e il medico. Un particolare sforzo, dunque, dovrà essere fatto in questa direzione».

Durante la presentazione della ricerca, svoltasi ieri nella Sala del Museo Ninfeo, Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam, ha rilevato che «la professione medica si evolve in senso migliorativo solo se sa ben riferirsi ai numeri e ai fatti che le informazioni riportano».

Roberto Reali, Presidente del Tribunale di Roma, ha posto l’accento sul gioco di squadra grazie al quale è stato possibile fare un primo bilancio sull’accertamento della responsabilità sanitaria nel Tribunale di Roma: «L’impegno e la professionalità della XIII Sezione, messe a disposizione della giurisdizione, ha avuto un ulteriore riscontro anche nella ricerca curata da Eurispes. Apprezzo molto il metodo utilizzato, che, purtroppo, non è generalizzato in relazione alle varie riforme succedutesi nel panorama normativo italiano».

Il Presidente della XIII Sezione del Tribunale di Roma, Alberto Michele Cisterna, si è soffermato sull’importanza dell’Accertamento tecnico preventivo. «In materia sanitaria – ha spiegato il magistrato – l’Atp ha una propria disciplina e rappresenta, sotto ogni profilo, il nucleo fondante di quello che, sia pure con certa approssimazione, si potrebbe definire il “diritto processuale sanitario”. Ossia il plesso di disposizioni che introducono e regolano la responsabilità sanitaria innanzi alla giurisdizione, dopo l’approvazione della legge 24/ 2017».

L’avvocato Franco Di Maria ha presentato invece alcuni dati. «Occorre riflettere di più – ha detto - sulla medicina difensiva. L’aspetto penale è residuale. Le statistiche di qualche anno fa ci dicono che il 30% delle cause civili finiscono con la condanna del medico della struttura e solo il 2% delle cause penali si concludono con una condanna»