«Stop al genocidio!». Non si capisce cosa avrà mai detto di così offensivo Ghali dal palco sanremese per meritarsi un comunicatone di “rettifica” dell’amministratore delegato Rai Roberto Sergio recitato in diretta e con aria contrita dall’eterna Mara Venier. Perché a prestare fede alla reazione furiosa dell’ambasciatore israeliano Alon Bar sembrerebbe di avere a che fare non con un cantante e autore di musica trap, ma con una specie di quinta colonna di Hamas, con un fiancheggiatore del terrorismo: «È vergognoso diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile», ha tuonato Bar. E la Rai ha recepito.

Si può discutere all’infinito sulla nozione di “genocidio”, sull’uso strumentale, e a volte perverso, che ne fanno nemici di Israele. Ma Ghali non è uno storico, un giurista o un esperto di diritto internazionale e ci vuole tutta la malafede del mondo per definire quelle parole come un incitamento all’odio verso Israele. Il suo messaggio è semplice, forse semplicista, ma anche umano e giusto: nella Striscia di Gaza è in corso una catastrofe umanitaria ed è necessario il cessate-il fuoco. Che poi è la stessa linea diplomatica degli Stati Uniti di Joe Biden, della Francia di Macron e di tanti altri governi occidentali alleati di Tel Aviv i quali da settimane chiedono (invano) a Netanyahu di cessare i bombardamenti, di risparmiare le vite dei civili palestinesi, di non trasformare il sacrosanto diritto all’autodifesa in un ottuso strumento di vendetta. È vero, Ghali avrebbe potuto ricordare anche le vittime dei pogrom del 7 ottobre e gli ostaggi israeliani o ebrei ancora nelle mani di Hamas e non lo ha fatto; di sicuro avrà simpatia per la causa palestinese come ha lasciato capire tra le righe in questi giorni, ma è paradossale ritenerlo responsabile di ciò che non ha detto in nome di una immaginaria par condicio.

Se le bordate dell’ambasciatore Bar, rappresentante di un governo nazionalista in guerra sono a loro modo prevedibili, lascia di stucco la reazione dei vertici della tv di Stato, lo zelo autocensorio con cui hanno preso le distanze dall’artista con un comunicato che ricorda la Rai di Bernabei, forse il modello inconscio di questa maggioranza. La censura è sempre cosa odiosa, l’autocensura però le aggiunge il tocco impareggiabile della stupidità.