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Carlo Nordio, ministro della Giustizia (foto Lapresse)
“Vedete? - gridano le prefiche del giustizialismo - senza intercettazioni, quelle che Nordio vuol cancellare, Matteo Messina Denaro sarebbe ancora uccel di bosco”. La sottile deduzione - e se ne può di certo riconoscere la matrice - è di Marco Travaglio, il quale, un minuto dopo la cattura del boss di Cosa nostra, ha rilanciato la campagna “liberi di sputtanare”, accusando il Guardasigilli di voler bandire le intercettazioni dalle attività di indagine.
Travaglio, che pure ne ha visti sfilare, considera Nordio il peggior ministro della storia della Repubblica: “In un paese civile non sarebbe ministro della Giustizia”. E tutto questo non perché, come Travaglio cerca di far credere, Nordio voglia impedire di intercettare i mafiosi, (figuriamoci, ha ripetuto fino alla nausea che quelle di mafia e terrorismo non si toccano) ma solo perché ha in mente di regolarle, arginare la deriva, “fermarne la diffusione arbitraria e impropria” ed evitare che quei dialoghi “rubati” diventino carne da macello data in pasto ai lettori. Insomma, la verità è che nessuno vuole eliminare le intercettazioni, tantomeno un ministro che ha fatto per trent'anni e passa il magistrato, ma fermare l’indecente mercato nero che in questi anni non solo ha massacrato vite e professioni, ma ha anche delegittimato una magistratura che ha dato l’impressione di “scendere in campo” per sponsorizzare o stroncare carriere politiche o imprenditoriali.
E potremmo ricordare ancora una volta le decine di persone infangate e poi assolte. Ma non sarebbe cambiato poi molto se fossero state condannate: la gogna pubblica non è prevista da alcuna pena. Ecco, potremmo ricordare tutto questo, ma qui ci preme far capire a Travaglio e a quei (pochi) magistrati che partecipano al grande gioco dello sputtanamento globale, che il fango non colpisce solo gli intercettati ma anche la credibilità della magistratura, vittima collaterale di un gioco al massacro in cui non vince nessuno. È così facile da capire…