Ho passato tutto il pomeriggio di ieri a cercare dati o ricerche sulla castrazione chimica. Perché dopo uno stupro c’è sempre qualcuno che la ripropone e ogni volta mi chiedo: ma funzionerebbe? Perché prima di chiederci se è giusta o ripugnante, se è compatibile con una visione dello Stato non vendicativa e solo punitiva, sarebbe il caso di rispondere a quella domanda. La risposta non è facile ma la direzione sembra chiara: no, non funziona.

È una soluzione semplicistica e di chi si vuole illudere che la violenza e l’aggressività abbiano una sola causa fisiologica. È lo stesso meccanismo di chi ingenuamente se la prende con i genitori, con la cultura o con il sistema – tutti modi per evitare di dirci che la brutalità non è il risultato di un calcolo elementare, che anche se sei il genitore migliore del mondo puoi ritrovarti in casa uno psicopatico e che la cosa più difficile e ansiogena è la difficoltà di prevedere e prevenire i prossimi orrori.

Ridurre il testosterone non basta e non serve, è giuridicamente pericoloso perché ammettere di poter ignorare la volontà e il corpo di una persona – anche se condannata – significa ammettere che basta entrare in carcere per essere sottoposti a un trattamento sanitario obbligatorio.

Che quello che è successo a Palermo alla giovane donna sia orrendo mi pare superfluo dirlo. Ma è orrendo anche quello che ha scatenato. In uno Stato che cerca di essere migliore dei suoi aguzzini gli unici a essere autorizzati a invocare vendette e atroci punizioni sono le persone direttamente colpite. Tutti gli altri dovrebbero contenere la furia e la bava e provare a capire che se scartiamo il tentativo di riparazione (che non significa impunità) l’unica vera soluzione è la pena di morte.

Mentre cercavo di testosterone, dicevo, mi sono distratta e mi sono persa una proposta perfino migliore: l’evirazione, a scopo “sanitario e ascetico” ovviamente. Sei uno stupratore? Te lo taglio. Ecco la “provocazione” di Emma Dante. Con questa logica vorrei che riconsiderassimo il taglio delle mani per i ladri e tutte le altre forme di contrappasso normativo fino alla esecuzione capitale – perché cose te ne fai di un assassino? Che cosa dovrebbe fare una società (civile) dei criminali è forse una delle domande più difficili, ma davvero ci pare sensata la vendetta primitiva? Poi se concordate che il nostro comportamento sia influenzato più dal cervello che da un organo sessuale secondario, la lobotomia è la soluzione per voi!

Mentre leggo i prevedibili corollari alla proposta di evirare il “maschio portatore di fallo fallace”, tra provocazione e i suoi cugini, ecco il commento del mese. A uno che le risponde che il suggerimento di asportazione gli fa salire il maschilismo (qualsiasi cosa significhi), Dante risponde: “per questo l’ho scritto, per farvi emergere, per farvi indignare... Ma la cosa davvero incredibile è che tutti i portatori di fallo si sono indignati, indistintamente, con gli occhi iniettati di sangue, senza leggere in profondità il senso del mio messaggio che era rivolto agli assassini, a quelli che del pene fanno un’arma contro i deboli, donne e bambini. Un mese fa a Palermo una ragazza è stata stuprata da 7 uomini. Io credo che questa ragazza sia stata assassinata anche se resta viva, mentre questi uomini tra non molto saranno di nuovo a piede libero col miccio teso!”. 

Siamo prossimi alla pena di morte, dunque, ma la cosa più grave forse non è nemmeno questa. La cosa più grave è condannare questa ragazza a essere una vittima eterna, senza possibilità di cicatrizzazione, senza rimedio (se avete dubbi al riguardo, poco dopo commenta “dopo quella notte lei muore anche se resta viva. La suicidata della società, direbbe Artaud”). E pensare che non ci si possa mai salvare da un trauma subìto è osceno e ingiusto.

Mi viene in mente lo psichiatra Phil Stutz che nel libro che lo ha reso famoso, The Tools (Jonah Hill, suo paziente da anni, ha girato un documentario su di lui e sul suo metodo), dice una cosa che farebbe inorridire Dante: che è possibile sopravvivere a un disastro e non diventare solo una vittima, prigioniera di quanto già accaduto e quindi con un futuro immodificabile. Se vi state innervosendo, Stutz fa rispondere Viktor Frankl, psichiatra austriaco che in un campo di sterminio ha visto morire la moglie e i genitori. In sintesi, l’unico potere che abbiamo riguarda il come abbiamo a che fare con le cose che ci succedono. E molte di quelle cose sono orrende, perché che il mondo non sia un luogo arcadico dovremmo averlo imparato verso la fine delle scuole elementari.

“Comunque la mia è una provocazione letteraria, una visione simbolica, non una proposta di legge”, aggiunge a un certo punto Dante. Ah, allora va bene. È solo un incitamento ai nostri peggiori istinti simbolici e letterari.