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Caro Direttore, la vicenda di Ilaria Salis rende chiare e visibili la debolezza dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa con la sua Corte europea dei diritti dell’Uomo e il suo Comitato per la prevenzione della tortura, nonché dei mass media.
Che i detenuti per particolari reati fossero accompagnati in aula con piedi incatenati, ammanettati e condotti con un guinzaglio è questione denunciata almeno dal 2013 dal Comitato per la prevenzione della tortura, con richiesta di evitare questa lugubre esposizione pubblica. Nulla di nuovo se non prendere atto che chi avrebbe dovuto, alla fine, non ha potuto: è quanto accade a tutti gli organismi intergovernativi. È questione che va superata non perché vi è una italiana coinvolta ma perché non è consono ai trattati europei, dell’Unione e del Consiglio d’Europa.
Per quello che riguarda le condizioni di detenzione, sono note e comuni a quasi tutti i paesi occidentali. È difficile dire qual è la tortura peggiore tra quelli che sono i deficit della giustizia e dell’ordinamento penitenziario. Va indubbiamente capito se e come il nostro Paese ha assistito una nostra connazionale detenuta all’estero.
Sulla situazione italiana va sottolineato come la questione giustizia con l’epilogo carcerario possono essere conosciuti dai cittadini solo in presenza di casi particolarmente eclatanti, come gli oltre trentadue anni di detenzione di Beniamino Zuncheddu, vicenda giunta alla ribalta internazionale grazie alla garante dei detenuti della Sardegna e tesoriere del Partito Radicale e a Radio Radicale.
Vicenda prontamente archiviata nel suo aspetto giudiziario e carcerario a favore della vicenda umana.
Salutiamo le parole e l’interessamento del Presidente della Repubblica sulla situazione carceraria, che pur sempre aveva taciuto in occasione del discorso di fine anno.
Senza dimenticare che già nel luglio 2011 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affermò che “La questione del sovraffollamento nelle carceri è un tema di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. Due anni dopo, nell’ottobre 2013, il Presidente Napolitano inviò un messaggio alle Camere nel quale indicò le misure urgenti da adottare, tra le quali amnistia e indulto sulla “drammatica questione carceraria e parto dal fatto di eccezionale rilievo costituito dal pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo.”, Il Presidente si riferiva alla cosiddetta sentenza Torreggiani del gennaio 2013 con la quale si stabiliva che entro il 28 maggio 2014 l’Italia avrebbe dovuto risolvere il problema «strutturale e sistemico» del sovraffollamento carcerario, per ripristinare «senza indugio» in Italia il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti.
Il sovraffollamento è una realtà costante nel tempo, conseguenza delle politiche penali e penitenziarie, che non hanno ripristinato il divieto ma continuato a infliggere torture e trattamenti inumani e degradanti.
Non è questione solo italiana. Purtroppo, né i Parlamenti nazionali, né le organizzazioni intergovernative - Unione europea, Consiglio d’Europa, Onu - sono in grado di affrontare efficacemente il problema.
Quindi riproponiamo, come facemmo vent’anni fa al Parlamento europeo con il rapporto Turco e all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa con il rapporto Hunault, l’adozione di una Carta penitenziaria europea che stabilisca parametri comuni sui luoghi di detenzione, sul trattamento penitenziario ed un efficace sistema di controllo e di sanzioni.
Senza dimenticare che già negli anni ‘90 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa aveva scritto che a causa delle lentezze delle procedure civili, penali ed amministrative l’Italia metteva in pericolo lo Stato di Diritto sin dalla metà degli anni ’80 (gli anni del caso Tortora).
Senza dimenticare che già negli anni ‘90 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa aveva denunciato che a causa delle lentezze delle procedure civili, penali ed amministrative l’Italia metteva in pericolo lo Stato di Diritto. Siamo riusciti con mille escamotage a non farci sanzionare adeguatamente, ciò non toglie il persistere di torture e trattamenti inumani e degradanti.
Condanniamo giustamente l’Ungheria ma non dimentichiamoci dell’Italia, proprio in prossimità della liberazione di Beniamino Zuncheddu, innocente detenuto per oltre 32 anni.