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NICOLA GRATTERI MAGISTRATO
La lunga marcia del dottor Nicola Gratteri ha fatto un ulteriore salto di qualità: non più il magistrato più intervistato d’Italia qual è finora stato, ma conduttore d’un programma televisivo sul “7”. Tutto suo.
Non credo si tratti vanità o di una sua personale e insaziabile bulimia di popolarità ma di qualcosa di più complesso e articolato che con tutta probabilità avrà come sbocco le prossime elezioni politiche o al massimo le elezioni europee del 2028. Gratteri non avrebbe il problema di ottenere un seggio se solo lo volesse, ad un suo cenno troverebbe le porte aperte in tutti i partiti, da Fratelli d’Italia ad Avs passando per il Pd e soffermandosi sul Movimento 5 Stelle e la Lega. Ma lui gioca in “squadra”. Una squadra liquida che non si vede ma che nei fatti c’è ed è bene affiatata e molto meglio allenata.
Per esempio, tutti ricordano che Renzi nel 2014 lo incluse nella lista dei ministri che sottopose al Presidente della Repubblica, ma pochi ricorderanno che la proposta di Gratteri ministro della Giustizia è stata lanciata dalla Tv pubblica dal giornalista Riccardo Iacona (presente l’interessato) nel corso di un discutibile servizio televisivo con tanto di arresti in diretta televisiva, andata in onda qualche giorno prima della conclusione della crisi di governo.
Gratteri è un caso politico perché non ha solo smontato «la Calabria come un lego» costruendone una certamente peggiore, ma ha condizionato le scelte del potere politico nazionale e si appresta a contare ancora di più. Dietro di lui una falange macedone che non mostra il volto. Non parlo di complotto, di associazioni segrete o altre cose del genere bensì di interessi politici e di carriera collimanti che in nome dell’antimafia, del giustizialismo e di altro controllano anche attraverso le televisioni, i giornali e la rete un settore non marginale dell’opinione pubblica. Se riuscissero a contare tra il 4-5% dell’elettorato determinerebbero il risultato della prossima consultazione nazionale.
Ecco perché il dottor Gratteri diventa conduttore televisivo: deve allargare il più possibile la base del consenso e con la stessa logica si formano in rete innumerevoli “gruppi” che portano il suo nome. Sarà il bomber della “squadra”, qualora dovesse svolgersi il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati. Scelta legittima come legittima è l’ambizione di contare in politica e nella società. Ma la ’ndrangheta non c’entra nulla.
Se dovesse c’entrare qualcosa sarebbe il caso che già nella prima puntata della trasmissione su La7 si spiegasse all’opinione pubblica come mai la ’ndrangheta è passata da una barbara aggregazione di cosche ad una raffinata, ricca e potente associazione a delinquere che dopo essersi infiltrata in ogni settore della vita economica, politica e sociale della Calabria ha creato proprie “colonie” in tutta Italia. E non solo. Quale è stato il prezzo che la società civile ha pagato in questa insensata “lotta” in termini di innocenti arrestati, risorse pubbliche sprecate, attività economiche distrutte, democrazia sacrificata, vita politica arbitrariamente manomessa.
Perché nessuno in Calabria denuncia queste cose, quasi ci fosse paura di essere stretti in una morsa tra mafia vera e antimafia apparente. E nel caso lo si volesse veramente, chi potrebbe spiegare questi misteri meglio del dottor Gratteri, che in questi decenni è stato la guida suprema, lo stratega incontrastato, la Stella Polare, lo Zenit e il Nadir nella lotta alla ’ndrangheta?