Egregio direttore,

anche “il Dubbio” ci ha accusati di aver “cacciato” Fiano “in quanto ebreo” tacciandoci di antisemitismo. Una versione in parte smentita dallo stesso Fiano che ha detto di non essere stato contestato “in quanto ebreo”. Non è stato cacciato né zittito, ma semplicemente contestato. Nessuno squadrismo, nessuna lesione alla sua libertà di espressione, accusa un po' ridicola dato l’enorme risalto mediatico, senza contraddittorio, di cui ha poi beneficiato. La nostra organizzazione, invece, è stata bollata come “antisemita” in contumacia, riuscendo a far trapelare la propria reale posizione solo a colpi di rettifiche, poco concesse.

L’antisemitismo è estraneo al nostro dna. Il nome “Fronte della Gioventù Comunista” omaggia l’organizzazione dei giovani partigiani fondata e guidata dal comunista Eugenio Curiel, ucciso dai fascisti. Curiel era ebreo, come lo erano centinaia di partigiani e come lo sono stati e lo sono tutt’oggi migliaia di comunisti. Basterebbe questo per rilevare l’assurdità dell’accusa.

Siamo convintamente antisionisti. Le due cose non si contraddicono. Il nostro antirazzismo, la lezione del passato, ci spinge oggi ad essere senza se e senza ma dalla parte del popolo Palestinese. Dichiararsi antisionisti non è mascherare l’antisemitismo “in camicia nuova” o usare una “parola magica che ti permette di odiare senza sentirti antisemita”, ma una posizione politica che non ha nulla a vedere con l’antisemitismo e il razzismo.

La differenza per noi è chiara. Nel 1938 Nedo Fiano e migliaia di altri ebrei furono espulsi dalle scuole e dalle università a causa delle leggi razziali fasciste per ciò che erano. Oggi Fiano è stato contestato per ciò che sostiene. Il fatto di essere ebreo, figlio di un deportato con tutto il nostro rispetto, non concede patenti di incontestabilità.

Antisionista si è proclamato Ofer Cassif, parlamentare comunista israeliano ebreo sospeso dalla Knesset per le sue posizioni. Antisionista si è detto Moni Ovadia, come migliaia di ebrei in tutto il mondo. Sono anche loro antisemiti? Il sionismo non è l’intero mondo ebraico.

Abbiamo contestato Fiano perché ha negato il genocidio del popolo Palestinese, perché si professa convintamente “sionista” e perché l’operazione di “Sinistra per Israele” altro non è che un pannicello caldo con cui mascherare da sinistra la natura criminale di Israele. Sì, di Israele e non solo del suo Governo perché quanto è accaduto e sta accadendo non inizia e non può essere spiegato solo con Netanyahu, con la dicotomia tra una presunta società sana e un governo criminale.

Non neghiamo la presenza di voci di dissenso reale, come i giovani renitenti alla leva incarcerati a cui va la nostra solidarietà. Ma sono gocce in un mare. Viceversa esiste una lunga storia di violazioni del diritto internazionale, inosservanza di decine di risoluzioni ONU, sostegno ai coloni e agli insediamenti, costruzione di muri, giustizia sommaria e discriminazioni, che lega i governi che si sono succeduti e che trova larghissimo sostegno nella società civile.

Fiano sostiene che essere antisionisti significa negare il diritto di autodeterminazione del popolo ebraico e quindi essere antisemiti. L’equazione non regge e dimentica che la presunta autodeterminazione del popolo ebraico in questo modo si concepisce e si realizza sulla negazione, perseguita con ogni mezzo, del diritto all’autodeterminazione del popolo Palestinese, incarcerando i suoi leader, annettendo territori, fino alla stessa cancellazione del popolo Palestinese. A poco vale che Israele garantisca ai suoi cittadini libertà civili (quando vuole), se poi quelle libertà sono costruire sulla sopraffazione sistematica di un altro popolo.

Definirsi “sionisti” oggi significa appoggiare tutto questo. Inutile girarci intorno: le basi su cui è sorto lo Stato di Israele lo rendono, nei fatti, una struttura politica irrimediabilmente irriformabile se non a patto del rovesciamento di quelle fondamenta e della fine della base segregazionista, alimentata di una logica suprematista, ispirata a precetti religiosi e messianici, in una terra che storicamente era di altri.

Può esistere una “sinistra per” tutto ciò? No. Lo aveva capito Piero Della Seta, un comunista ebreo che nel 1967 sulle pagine dell’Unità chiedeva di distinguere lo Stato di Israele dal popolo ebraico, denunciando la deriva razzista, colonialista di fatto irreversibile di Israele e l’utilizzo strumentale della memoria dell’olocausto per questi scopi. E che dire di Berlinguer che nel 1982 appellava le azioni israeliane come “furia omicida che ricalca le nefandezze naziste”? Invece oggi, a leggere ciò che dicono gli esponenti della “Sinistra per Israele”, i loro tormenti intellettualoidi e i loro distinguo, persino Craxi e Andreotti sarebbero tacciati di filo-terrorismo e antisemitismo.

In definitiva riteniamo che continuare a bollare la critica ad Israele come antisemitismo sia un modo strumentale per nascondere l’ipocrisia del sostegno a Israele, e non un buon modo per combattere l’antisemitismo; equiparando due concetti diversi e distinti, di fronte all’enormità e l’evidenza dei crimini israeliani, in una società sempre più priva di corpi intermedi e momenti di discussione ed elaborazione comune, si finisce proprio per fomentare l’antisemitismo.

Oggi questa operazione - cui Fiano coscientemente o suo malgrado si è prestato - spiana la strada al ddl liberticida firmato Gasparri, che vorrebbe mettere il bavaglio al movimento per la Palestina. Un movimento che sgomitando ha conquistato il diritto di parola rompendo l’unanimità del sostegno a Israele andata in onda per mesi a reti unificate; lo ha fatto con la forza del popolo, con scioperi e manifestazioni, dimostrando che anche una società assopita può ogni tanto risvegliarsi di fronte alle ingiustizie.

Nota del direttore 

Per prima cosa vi devo delle scuse. Sono certo della vostra assoluta buona fede e della distanza delle vostre idee da qualsiasi forma di antisemitismo. In un periodo così drammatico, polarizzato e polarizzante, è facile cadere nella semplificazione, nel manicheismo. Errore imperdonabile per un giornale che si chiama “Il Dubbio” e che fa della complessità e della battaglia contro ogni riduzione ideologica la sua vocazione, la sua ragione di esistere.

Detto questo, un punto però vorrei metterlo sul tavolo della discussione. Al di là della vostra pratica politica, sono persuaso che in questi anni - a partire dal 7 ottobre e dalla reazione criminale del governo Netanyahu - pezzi di società italiana siano lentamente scivolati verso forme insidiose di antisemitismo. 

L’antisemitismo esiste, inutile negarlo, e non si presenta più sotto la forma becera e brutale del neofascismo. Oggi è silenzioso e, spesso, camuffato da antisionismo. E, come di certo sapete, sionismo non è per forza di cose sinonimo di colonialismo, se non altro per il fatto che nasce nel cuore del pensiero socialista europeo. Ma questo è un altro discorso, o forse è “il discorso”. Sono lieto però di aver trasformato insieme a voi uno scontro in un'occasione di confronto e opportunità di scambio. Spero ve ne siano ancora.

Cordialmente,

Davide Varì