I liberali del Liberal Forum hanno tenuto un Convegno “Una riforma liberale della giustizia e le battaglie per i diritti di liberta?. In ricordo di Enzo Tortora”.
L’occasione è coincisa con il 40mo anniversario dell’arresto di Enzo Tortora, tanto che Francesca Scopelliti, vedova di Tortora e impegnata da anni in prima linea nello sforzo riformatore per un diritto penale realmente garantista, ha fatto gli onori di casa.

Per evitare le tradizionali liturgie degli anniversari è necessario, sempre, far proprio l’insegnamento di Manzoni, per il quale la storia è una guerra contro il tempo, in quanto chiama a nuova vita fatti ed eroi del passato.

Il Liberal Forum ha tenuto fede a tale insegnamento. Nei due giorni di Convegno sono stati infatti discussi gli attuali limiti del sistema penale italiano e si è offerto un documento di sintesi che indica alcune delle misure imprescindibili affinché la Giustizia penale italiana possa indirizzarsi, con coerenza, verso un sistema autenticamente liberale e coerentemente garantista.

Garantismo che non può e non deve esser una formula vuota, ma che deve, invece, tenere fede ad una consolidata consapevolezza.

Contrariamente al comune sentire, infatti, lo strumento della sanzione penale non è la panacea dei mali della società. Ed il diritto penale, con le proprie sanzioni, non è in grado di condurre a trasformare il condannato in un uomo virtuoso. Parafrasando il Madison dei Federalist Papers, se gli uomini fossero angeli non servirebbero le sanzioni penali, come non servirebbe qualsivoglia forma di potere. Ma gli uomini non sono angeli e quindi è necessario ritornare ai fondamentali del garantismo penale, secondo i quali scopo del diritto penale non può che essere quello di minimizzare la violenza nella società: è violenza il reato, così come è violenza la vendetta.
Quindi, quello scopo non può esser la difesa di interessi costituiti ma è la protezione del debole contro il forte: del debole offeso o minacciato dal reato, come del debole offeso o minacciato dalla vendetta. Come divieto e la correlativa minaccia di sanzione proteggono le potenziali parti offese dal reato, così il giudizio e l’irrogazione della pena proteggono i responsabili ( e gli innocenti sospettati come responsabili) contro le vendette o altre reazioni più severe. Sotto ambedue questi profili la legittimazione della norma penale è data dalla tutela del più debole. Tale legittimità non è di tipo democratico, non proviene dal consenso della maggioranza, ma è legittimità garantista: un insieme di limiti a tutela dell’indagato ( nel rispetto della presunzione di non colpevolezza), dell’imputato ( nel rispetto delle modalità di accertamento di quella verità processuale funzionale alla assoluzione o alla condanna), del condannato (nel rispetto delle finalità della pena e del rispetto dello stesso condannato che non perde gli attributi di uomo sol perché ritenuto responsabile).

Se questo è, come non può non essere, il senso del garantismo penale, allora si deve rimeditare complessivamente l’approccio alla legislazione. La società non si preserva coniando settimanalmente nuovi reati, spesse volte semplici duplicati di altri fatti già punibili, o aumentando le pene per i reati già previsti. E nel sistema processuale è ora di rimuovere tutte le incongruenze che avevano caratterizzato il pur ambizioso progetto del Codice di Procedura che porta la firma di Giuliano Vassalli e introdurre anche dal punto di vista ordinamentale quei tratti che sono da sempre associati ai modelli accusatori. Primo tra tutti: la separazione delle carriere tra giudici e magistrati inquirenti, al fine di assicurare l’effettiva e piena parità tra accusa e difesa.