Tra qualche settimana saranno passati ben due anni dall’aggressione militare russa in Ucraina, da quel 24 febbraio che segnò una brusca escalation del conflitto russo- ucraino, che già era iniziato nel 2014, e che ad oggi, purtroppo, è ancora in corso.

Due anni, per un paese invaso, sono sinonimo di distruzione totale, di “qualche brandello di muro” che resta, per citare il grande Ungaretti. Edifici, ospedali, scuole, ma anche strade e infrastrutture energetiche e logistiche, tutto da ricostruire. Per non parlare dell’immensa tragedia umana di chi, purtroppo, ha perso non solo la casa ma anche gli affetti più cari.

Di fronte a questo dramma l’Unione europea ha agito, direi senza precedenti, in modo netto e unito per davvero. Certo, col passare del tempo alcune voci in disaccordo con il sostegno e il supporto che è stato tenuto nei confronti dell’Ucraina si sono alzate. Fortunatamente, i più hanno compreso che consegnare l’Ucraina a Putin significa, nel concreto, consegnare anche le chiavi della nostra libertà, non soltanto quella di Kiev. Anche oltreoceano, in queste ore, il dossier ucraino è sul tavolo dello Studio Ovale.

Il presidente americano Biden ha infatti sollecitato il Congresso ad “approvare rapidamente” la richiesta di ulteriori fondi per l'Ucraina al fine di promuovere un netto e forte segnale della determinazione USA a garantire a Kiev le risorse di cui ha bisogno, comprese capacità di difesa aerea e di artiglieria. È quindi evidente che l’inazione per l’Ucraina ha conseguenze strategiche non solo per gli Stati Uniti ma anche per la Nato e per ogni angolo di mondo libero.

Lo scoppio della guerra in Ucraina dopo 75 anni di pace nel continente ha fatto giungere diversi nodi al pettine del diritto internazionale, custode di concetti che furono elaborati dopo il dramma del secondo conflitto mondiale.

Quando all’indomani dell’invasione russa in Ucraina il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è stato in grado di inibire l’iniziativa bellica russa – e la causa fu proprio il voto russo sfavorevole alla risoluzione che voleva frenare l’invasione armata – si è riaperta la discussione sul diritto di veto.

Nel Palazzo di Vetro e non solo, in molti di fronte alla condotta illecita e aggressiva della Russia si sono interrogati sulla possibilità di condannare con ancor più durezza le sue mosse, teorizzando anche l’espulsione dalla struttura onusiana.

Di fatti, la Carta delle Nazioni Unite, articolo 6, recita “Un Membro delle Nazioni Unite che abbia persistentemente violato i princìpi enunciati nel presente Statuto può essere espulso dall’Organizzazione da parte dell’Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza”.

Chiaramente tale possibilità è altamente improbabile, se non impossibile, visto che la Federazione Russa è proprio uno dei cinque membri permanenti con diritto di veto nell'organo esecutivo delle Nazioni Unite. Inoltre, se si analizzano i numeri, emerge lampante che la Russia è affetta da “vetomania”, per usare un neologismo.

Mosca, oltre ad esser stato il primo paese ad utilizzare il veto nel 1946 – l’allora Unione Sovietica lo utilizzò per una risoluzione su Siria e Libano – è ad oggi il paese che ha usato di più questo potere, ben oltre 140 volte, quasi il doppio degli Stati Uniti che sono sull’ottantina. Regno Unito, Cina e Francia in confronto l’hanno utilizzato raramente.

Nello scacchiere internazionale Putin, con l’utilizzo elevato e sproporzionato del veto, vuole delineare un preciso disegno. Al livello più alto, quello del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la Russia si presenta come portavoce di quei paesi che aspirano a sovvertire la regia dell’ordine globale. Questa volontà di imporsi, di apparire potente – potremmo dire imperiale – di fronte agli altri paesi è evidente, e il sovente bloccare le risoluzioni ne è una prova. Anche la Cina, seppur in modo più subdolo e discreto, fa parte di questo grande disegno revisionista ma, furbescamente, sul piano internazionale il Dragone mantiene delle distanze da queste dinamiche più “tecniche” e evita il coinvolgimento diretto. Mosca è l’ariete, nel frattempo Pechino sfrutta la sua influenza regionale per mantenere i contatti con i partner e poi, congiuntamente, giocano al rialzo sui contesti multilaterali come quello delle Nazioni Unite.

Certo, nel caso della Russia, il fatto che l’imposizione di sanzioni da parte dell’ONU sia bloccata dal potere di veto nel Consiglio di sicurezza non ha impedito ad altre organizzazioni internazionali di espellere o sanzionare Mosca, nell’ambito delle proprie competenze.

Infatti, la Russia è stata espulsa dal Consiglio d’Europa, non rieletta al Consiglio esecutivo dell’Unesco e dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati (Unhcr), sospesa dal Consiglio dei diritti umani e sospesa dall’Organizzazione mondiale del turismo, per citare alcune organizzazioni. Questi esempi stanno a significare come le istituzioni internazionali siano in grado di saper agire nel contesto della propria responsabilità, si spera per spingere la stessa Russia ad assumersi la responsabilità delle sue azioni criminali.

Nel panorama internazionale, forte è il rammarico di fronte all’ostinata volontà di Putin di far cadere il suo paese, la sua nazione, il suo popolo nel baratro più assoluto, spegnendo sempre più in ciascuno di noi il sogno di vedere una Russia libera, democratica, non più sottomessa al giogo dittatoriale.

La sensazione che si stia giungendo a una situazione di non ritorno per Mosca è allarmante e chiaramente, di fronte a tale ipotesi, la sedia che occupa in seno all’ONU è posta, al di là dei tecnicismi, in forte turbolenza. Ritornano alla mente le parole del Presidente URSS Gorbachov quando, preso atto del colpo di stato avvenuto, si dimise la sera del 25 dicembre 1991.

Mentre il vessillo con la falce, il martello e la stella scendeva dal Cremlino, egli ricordò quanto “le conquiste democratiche degli ultimi tempi” fossero state sofferte ma al tempo stesso esortava tutti a conservarle, “le abbiamo conquistate con la nostra esperienza tragica, non dobbiamo rinunciarvi in nessun caso e con nessun pretesto, in caso contrario tutte le speranze di un avvenire migliore saranno seppellite”. Parole, purtroppo, rimaste inascoltate.