“Storie di diritti e di democrazia La Corte Costituzionale nella società” (Feltrinelli Editore), scritto a quattro mani dall’ex responsabile della comunicazione della Consulta Donatella Stasio e dall’ex presidente Giuliano Amato, è un libro che andrebbe letto, o meglio è un viaggio che tutti i cittadini dovrebbero intraprendere tra le circa 300 pagine in cui gli autori raccontano come tra il 2017 e il 2022 la Corte Costituzionale, il più alto organo di garanzia della Repubblica, sia cambiata sotto il loro impulso. Come? Aprendo le sue porte, spiegando le sentenze più importanti per la società civile, mettendosi al passo coi tempi attraverso la registrazione di numerosi podcast, organizzando a Piazza del Quirinale il Concerto “Il sangue e la parola” eseguito dal Maestro Nicola Piovani e liberamente tratto dalle Eumenidi di Eschilo, dalla Costituzione italiana e dai lavori preparatori dell’Assemblea costituente.

In un periodo storico dove la tutela dei diritti non è scontata e in Europa alcuni Governi «cercano di impadronirsi delle Corti Costituzionali», il libro si pone l’obiettivo di «arginare l’analfabetismo costituzionale» per non mettere a rischio il nostro Stato di Diritto ma altresì perché «farsi capire» «non è prerogativa esclusiva solo di chi fa politica» ma è un «dovere anche dell’istituzione», come «aspetto fondamentale della democrazia». La Corte lo fa soprattutto dialogando con i cittadini, dai giovani nelle scuole fino ai detenuti perché, come disse l’ex presidente Paolo Grossi, «Bisognava venire di persona, poiché con il nostro assenteismo e la nostra indifferenza vi abbiamo tolto la speranza». Ne è nato addirittura un film - “Il Viaggio nelle carceri”, diretto da Fabio Cavalli, per alcuni critici «un catechismo costituzionale», per altri, come per chi scrive, forse una visione un po’ edulcorata degli istituti di pena, che spesso rappresentano davvero un girone dell’inferno per la dignità umana.

Altri costituzionalisti, si racconta nel libro, «hanno da ridire sul fatto che la Corte avrebbe lasciato nell’ombra le vittime del reato». Tuttavia, proprio quando il paradigma vittimario sembra prendere il sopravvento fuori e dentro le aule dei tribunali, ma anche contro le decisioni della Consulta – come quella sull’ergastolo ostativo – ecco che gli autori ricordano la lezione di Manlio Milani, presidente della Casa della memoria, l’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Brescia, nella quale l’uomo perse la moglie. Organizza tre presentazioni del film e dice con forza: «rifiuto l’idea di appartenere a una categoria invece che a una comunità che ha valori comuni a tutti». Scrivono gli autori del libro che così Milani «squalifica chi sostiene che rispettare le vittime escluda particolari attenzioni al carcere». «Quando sento – dice Amato – madri, padri, fratelli sorelle che dicono io voglio giustizia spero sempre che sia chiaro a tutti loro che la giustizia non è vendetta, non è rimozione, non è silenzio. È anche compito nostro farlo capire». A proposito di ergastolo ostativo, nel libro si riannodano i fili che condussero i quindici giudici a decidere a favore della concessione dei permessi premio pure per i condannati ad un fine pena mai. In quell’occasione, si ammette, la Corte di spaccò. Leggiamo cosa scrive Amato: «Alla fine, però, prevalse l’opinione favorevole a una decisione in linea con quella di Strasburgo, e cioè che la rottura dei legami mafiosi si può dimostrare altrimenti, anche senza collaborazione. Prevalse di poco. Finì 8 a 7. Stava scritto su un giornale, il Corriere della Sera, che lo seppe presumibilmente da me. Io ero tra i 7». Possiamo definire questa una violazione degli interna corporis del Collegio? Di sicuro riapre il dibattito sulla dissenting opinion: «bisogna ammettere che questo Paese non è abituato alla trasparenza, e il test della Corte è importante. Qualcuno ha obiettato, in questi anni, che la trasparenza si realizza solo introducendo l’opinione dissenziente, rendendola appunto trasparente» - e chi firma questo è totalmente d’accordo rispetto a questa prospettiva - . «Non è così, la trasparenza deve riguardare anzitutto la decisione presa dalla maggioranza, i suoi significati, le sue motivazioni, le sue implicazioni, tutto quello che può essere detto al di fuori dei cosiddetti interna corporis». Un altro capitolo molto interessante è quello dedicato ai referendum del 2022, e alle feroci critiche che subì la Corte Costituzionale, presieduta appunto da Amato, quando dichiarò inammissibili soprattutto i quesiti riguardanti l’omicidio del consenziente e le sostanze stupefacenti, spiegando il tutto con un comunicato e poi con una conferenza stampa che coinvolse anche emotivamente il presidente.

Anche questo giornale criticò quella decisione, condividendo personalmente la critica di Marco Cappato, leader dell’Associazione Luca Coscioni, sulla natura politica della decisione della Corte di cassare il quesito impropriamente definito sull’eutanasia, tuttavia abbiamo apprezzato l’opportunità dataci da Amato di porgli tutte le possibili domande a cui mai si è sottratto e a cui la responsabile comunicazione Stasio non ha fatto mai da scudo per proteggerlo da quelle più scomode. E per questo va ringraziata, perché ha messo noi colleghi sempre sullo stesso piano, non privandoci mai dell’interlocuzione con il presidente in tutte le occasioni di confronto con la stampa, e dando alla Corte una sterzata nella comunicazione da cui non si può tornare più indietro. Il libro ovviamente non si esaurisce qui: c’è il capitolo sul Viaggio nelle scuole, sul suicidio assistito, sul doppio cognome e la stepchild adoption. E c’è soprattutto la sottolineatura di come la Corte abbia dovuto colmare i vuoti del legislatore e i tanti moniti rivolti adesso, spesso rimasti inascoltati o a cui si è dato risposta con colpevole ritardo.