Nell’era digitale e della smaterializzazione dei rapporti interpersonali o dell’IA comunicativa, pare non esserci nulla di più personale ed intimo del proprio telefono cellulare, quasi a costituire un nuovo arto del corpo del proprietario o assurgere a custode di una vita di relazioni.

Su questo tracciato la Corte Costituzionale, nella nota sentenza n. 170/ 2023, inquadrava il concetto di “corrispondenza” quale più ampio genus della species di “comunicazione di pensiero umano ( idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza”, concetto tutelato ex art. 15 Cost. che assicura a tutti i cittadini la segretezza “della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”: posta elettronica, SMS e messaggi inviati tramite l’applicazione WhatsApp ( o altri sistemi di cd. messaggistica istantanea) “rientrano a pieno titolo nella sfera di protezione dell’art. 15 Cost., apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi”, ove la riservatezza è assicurata dal dispositivo, accessibile solo al soggetto che abbia la disponibilità dello stesso, normalmente protetto anch’esso da codici di accesso, chiavi virtuali, ID o altri meccanismi di identificazione. A ciò si aggiunga come il cellulare funga da contenitore di corrispondenza cronistorica, cd. statica e già intercorsa: proprio su queste pagine chi scrive aveva commentato come la Corte europea dei diritti dell’uomo non ebbe esitazioni nel ricondurre nell’alveo della “corrispondenza” tutelata dall’art. 8 Conv. e. d. u. anche i messaggi già scambiati ( Corte e. d. u., sentenza Copland, § 44; Corte e. d. u., sentenza Barbulescu, § 74; Corte e. d. u., Sez. V, sentenza 22.5.2008, Iliya Stefanov contro Bulgaria, § 42; Corte e. d. u., sentenza Saber, § 48; tutti casi analoghi a quello esaminato dalla Consulta) ed il suo contenitore.

Questa la base giuridica sostanziale della materia per la quale è stata presentata in Commissione Giustizia del Senato la proposta di modifica n. 1.100 al DDL 809 a firma del Senatore Rastrelli sul tracciato già abbozzato dal Senatore Zanettin: l’istituzione di un meccanismo rafforzato, in seno al Codice di Procedura Penale e più in particolare con l’introduzione dell’art. 254 ter, per il quale il sequestro del “contenitore” di messaggistica – che possiamo chiamare terminale di corrispondenza – finalizzato all’estrazione delle chat ivi contenute, viene disposto dal GIP su richiesta del Pubblico Ministero se “necessario per la prosecuzione delle indagini”; l’articolo procede prevedendo se per situazione d’urgenza non è possibile attendere il provvedimento del GIP, il sequestro è disposto con decreto motivato dal PM con richiesta di convalida al GIP nelle consuete 48 ore dal sequestro, pena la perdita di efficacia dello stesso.

Una sorta di allineamento e armonizzazione tra sequestri e intercettazioni che conferisce al cellulare lo status di cassetta di posta meritevole erga omnes della guarentigia parlamentare dell’art. 68 così come chiarita dall’arresto della Consulta in esordio che sterilizza il rischio che intercettazioni e sequestri di corrispondenza possano essere indebitamente finalizzati ad incidere sullo svolgimento del mandato elettivo, divenendo fonte di condizionamenti e pressioni sulla libera esplicazione dell’attività.

Come va chiesta alla Camera di appartenenza del parlamentare l’autorizzazione all’acquisizione dei messaggi tramite l’apprensione dei dispositivi appartenenti a terzi, così va chiesto al GIP l’autorizzazione all’acquisizione per tutti gli altri cittadini, superando il principio per il quale grazie al sequestro del dispositivo la corrispondenza in esso contenuta deve ritenersi già sequestrata e nella piena disponibilità del Pubblico Ministero procedente che può disporne come crede. L’emendamento procede nel disciplinare che i dati estratti debbano essere selezionati, oggetto di una “copia forense”, con restituzione del dispositivo ( e della disponibilità di tutti gli altri dati) al titolare. Viene altresì previsto un contraddittorio simile a quello cautelare con discovery degli atti a fondamento della richiesta di sequestro ed anche il diritto per il difensore e per l’indagato – con l’istituzione di un comma 2 ter all’articolo relativo l’avviso 415 bis c. p. p. – di depositare istanza di accrescimento del sequestro poiché dati rilevanti per l’inchiesta.

Il procedimento penale e il processo sono governati da regole che stabiliscono i confini, l’estensione ed i limiti dei poteri, dei diritti e delle garanzie delle parti: lo stesso diritto di difesa va aggiornato e tenuto al passo con lo sviluppo tecnologico, prevedendo o adattando regole già esistenti. Questo è il caso del riconoscimento al telefono cellulare – un tempo solo apparecchio telefonico – di un vero e proprio custode della vita di ciascuno di noi. Quale deriva del sistema penale si può leggere in un atto di dignità della riservatezza del singolo?

Non si comprende la posizione di chi ritiene ostacoli all’acquisizione delle fonti di prova una nuova ( e più coerente) disciplina codicistica, al passo coi tempi ed in linea con l’evoluzione delle tecnologie. A ribadire la necessità dell’intervento era stato il Ministro della Giustizia Nordio per il quale nel cellulare non ci sono solo le conversazioni “c’è una vita intera” che non può essere messa “nelle mani di un pubblico ministero che con una firma se ne impossessa e magari dopo non vigili sulla sua divulgazione”.