Ancora una volta, con le celebrazioni del 25 Aprile, qualcuno ha perso un’occasione: ricordare la Storia liberandosi finalmente dai fantasmi di coloro che prima non volevano morire per Danzica, ma poi non seppero o non vollero resistere alla banalità del male. Contro i regimi nazista e fascista alleati e partigiani imbracciarono infatti le armi e alla liberazione dell’Italia contribuì anche la Brigata ebraica, i cui ideali hanno dato vita allo Stato di Israele, unica democrazia in Medio Oriente.

Non solo, a proposito di retorica pacifista, è di questi giorni la notizia del lancio di una raccolta di firme per tre quesiti referendari, che collegano il disarmo dell’Ucraina all’aumento della spesa sanitaria.

L’idea non è nuova: anche il dibattito sulla Brexit fu dopato con la promessa, non a caso non mantenuta, di un incremento della spesa sanitaria in cambio dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il comitato promotore si nomina con l’incipit dell’articolo 11 della Costituzione; tuttavia, l’Italia non ripudia la guerra “senza se e senza ma”, bensì solo come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. La guerra in corso sul territorio dell’Ucraina è una guerra di invasione, guidata dal presidente russo Putin, colpito da mandato di cattura dalla Corte Penale Internazionale: si tratta perciò di una di quelle guerre che l’Italia ripudia.

L’Ucraina non sta esercitando solo il diritto alla legittima difesa e il dovere di proteggere la propria popolazione; sta lottando soprattutto per i valori su cui si fondano le democrazie liberali d’Europa e la stessa Unione europea. Sono gli impegni internazionali dell’Italia a prevedere che gli Stati aderenti, in caso di aggressione, si prestino aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso.

Era il 1949 quando l’Italia fondò, con altri undici paesi, la NATO e il 1955 quando aderì all’ONU. La Carta dell’ONU, all’articolo 51, difende il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva nel caso abbia luogo un attacco armato contro uno dei suoi membri: ebbene, l’Ucraina dell’ONU fa parte. Poi ci sarebbe anche l’Unione Europea (!). Non è certo un caso se l'Europa delle democrazie liberali si è impegnata a sostenere la resistenza dell’Ucraina con l’invio di armi, garantendo la sua legittima difesa armata. Con due decisioni del 28 febbraio 2022, adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune ( PESC), l’Unione Europea ha scelto di non restare indifferente e di inviare armi all’Ucraina.

Il nostro Parlamento, da ultimo con le risoluzioni delle Camere del 13 dicembre 2022, ha impegnato il Governo, coerentemente con quanto concordato in ambito NATO e Unione europea, a sostenere le autorità governative ucraine, anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari. Questa decisione è stata trasfusa nell'articolo 1 del d. l. 185/ 2022, oggetto di uno dei tre quesiti. Il secondo quesito mira a espungere dalla legge n. 185 del 1990, relativa al controllo del commercio e del transito di materiali di armamento, la facoltà per il Governo di autorizzare l’esportazione e il transito di armi verso i Paesi che abbiano subito un’aggressione in violazione della Carta delle Nazioni Unite.

Il terzo quesito vuole abrogare una norma che disciplina la formazione del piano sanitario regionale, sul presupposto che l’esito combinato dei tre referendum comporti una maggiore disponibilità di risorse economiche per la spesa sanitaria. Tanto è il materiale di propaganda su questi tre referendum, ma introvabili sono le argomentazioni a sostegno della loro ammissibilità.

Certo è che i due quesiti che si propongono di disarmare l’Ucraina investono gli impegni derivanti da trattati internazionali, su cui l’articolo 75 della Costituzione non ammette il referendum abrogativo. Altrettanto certo è che la guerra totale al popolo Ucraino è una guerra agli ideali riassunti da quelle dodici stelle gialle su sfondo blu in cui, purtroppo, non tutti ci riconosciamo.