Voltaire, nel diciottesimo secolo, affermava: «Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri». A Bolzano, città sistematicamente ai vertici delle classifiche di vivibilità, c’è un carcere che a detta di Rita Bernardini è tra i più fatiscenti di Italia: solo l’umanità del personale salva l’istituto dal degrado totale.

Chi viene a Bolzano, normalmente resta affascinato dall’ordine e dalla pulizia della città, rotonde con aiuole fiorite, gerani appesi ai lampioni dei ponti, prati e parchi. Proprio su uno di questi parchi si erge un edificio storico: il carcere di Bolzano, costruito a metà dell’ 800. Forse il termine “storico” dà una suggestione un po’ romantica, e invece bisognerebbe dire vetusto, inadatto, fuori dal tempo.

E il tempo in quell’edificio lo trascorrono molte più persone di quelle che potrebbero essere ospitate, ristrette in celle sovraffollate, in spazi comuni angusti e con un cortile per l’ora d’aria che a definirlo cortile ci vuole molta immaginazione: un rettangolo di circa 40 metri per 8/ 10 metri, delimitato da alte mura di recinzione con una pavimentazione irregolare di asfalto/ cemento, piena di buche dove le rare partite di calcetto si concludono sempre in infermeria. E il tempo in quell’edificio lo trascorrono anche gli addetti alla sicurezza, che a differenza dei ristretti sono sottorganico, a partire dalla direttrice che è di stanza a Venezia. Mancano il comandante di reparto, gli ispettori, almeno 25 agenti e non in ultimo gli educatori, che dovrebbero essere quattro, ma ce n’è uno solo. I turni e le attività vanno comunque svolte e quindi gli agenti in forza e l’unico educatore sono costretti a turni massacranti e continui straordinari. D’altronde in una delle città più vivibili di Italia il costo della vita è altissimo e con uno stipendio da agente si rischia di dover fare la fila alla Caritas per rimediare un pasto.

«Il carcere e la morte non sono argomenti piacevoli di cui parlare», ha detto l’avvocato Beniamino Migliucci durante il convegno organizzato lo scorso 17 luglio dalla Camera penale di Bolzano in collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Bolzano e Nessuno Tocchi Caino. Ma soprattutto non sono argomenti che attirano voti. La politica locale, con la scusa della costruzione del nuovo carcere, al centro di una controversia legale da almeno vent’anni, si disinteressa dell’attuale drammatica situazione. E quindi ad occuparsene sono quelli che non hanno bisogno di voti: i volontari.

Tra le problematiche maggiori all’interno dell’istituto c’è quella legata alla tossicodipendenza, che riguarda oltre il 70 per cento dei detenuti. E costituisce una doppia pena per chi sta in carcere, come spiega l’avvocato Angelo Polo, Vicepresidente dell’UCPI di Bolzano. La Provincia di Bolzano, che ha competenza sulla sanità e quindi sul Serd, garantisce solo due mezze giornate alla settimana per il trattamento dei detenuti con dipendenze. Facendo un calcolo approssimativo, su una presenza di circa 120 detenuti, coloro che hanno problemi di dipendenza sono circa 84; se un operatore del Serd concede circa mezz’ora ad assistito in otto ore settimanali, vuol dire che ne segue 16 alla settimana e all’ultimo arrivato servono circa cinque settimane per il primo appuntamento. Ma le crisi di astinenza non aspettano cinque settimane e alla fine il problema ritorna in carico alla già sottodimensionata struttura organica.

Anche una piccola cosa potrebbe migliorare la condizione di chi è ristretto: una telefonata allunga la vita. A Bolzano per i due piani della struttura c’è solo una linea telefonica da condividere per tutti i detenuti: eppure aumentare le linee sarebbe una soluzione a basso costo che migliorerebbe di molto la qualità della vita all’interno del carcere. Aumentare il numero di telefonate previste in carcere ( una alla settimana, per soli dieci minuti) è anche una delle proposte fatte da Il Dubbio nel suo appello per fermare la strage dei suicidi in cella. Un massacro quotidiano, che purtroppo non sorprende chi a Bolzano non si limita a guardare soltanto le rotonde con le aiuole fiorite.