È quasi mezzo secolo che gli eredi del Movimento sociale commemorano le vittime di via Acca Larentia; ogni anno e sotto ogni governo mettono in scena la stessa vieta e truculenta simbologia: croci celtiche, mani tese al cielo, appelli militari, nerboruta retorica guerriera. Si tratta di poche centinaia di persone, molti sono “reduci” degli anni di piombo, ed è loro diritto poter ricordare pubblicamente i propri morti. Tanto che la cerimonia è stata patrocinata dal comune di Roma a guida piddina, come già era accaduto per le vittime del rogo di Primavalle o per Valerio Verbano giovane di estrema sinistra freddato davanti i propri genitori da un commando dei Nar.

Un appuntamento del tutto marginale che, fino a ieri, non ha mai alimentato grandi bufere politiche, al massimo qualche trafiletto nelle pagine interne dei giornali e qualche dichiarazione di politici di basso rango, l’unica polemica di rilievo ci fu nel 2021 in piena pandemia, quando i circa duecento partecipanti vennero accusati di non indossare le mascherine.

Eppure, a leggere i primi piani e le aperture dei principali media italiani, sembra di essere alla vigilia della Marcia su Roma e che il Paese sia minacciato da truci bivacchi di manipoli pronti a sovvertire l’ordine democratico. Con parte della sinistra e della smarrita galassia grillina che invoca «azioni esemplari», in punta di codice penale, pretendendo divieti, identificazioni di polizia e pronti interventi della magistratura.

Per esempio Sandro Ruotolo, responsabile della comunicazione del Partito democratico, per il quale chi ha commemorato i tre ragazzi di estrema destra assassinati, dovrebbe finire direttamente in galera «arrestato, come accade in Germania», o Angelo Bonelli, il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra che invita il ministero dell’interno a bandire tutte le sigle politiche presenti durante la cerimonia. È «apologia di fascismo», tuonano gli animatori di questo squillante e improvvisato Comitato di liberazione nazionale, con il Fatto quotidiano che, come al solito, scivola nel metafisico: «Il fascismo è nato nel 1919 e non è mai morto. Semmai si è evoluto, trasformato. Scardinato dai palazzi del potere, s’è insinuato in loschi sentieri del tessuto sociale, come Voldemort, malvagio mago di Harry Potter».

Verrebbe quasi da ridere, ma c’è qualcosa di sgradevole e di profondamente sfasato in questa chiamata alle armi contro un pericolo immaginario quale può essere il fascismo nell’Italia del 2024, tanto più che a finire al centro delle polemiche non sono state le azioni di squadracce anti-immigrati o i proditori assalti alle sedi sindacali, ma una nostalgica e innocua parata commemorativa da parte di gruppi che non hanno più alcuna rappresentanza sociale.

Quasi nessuno, nel coro degli indignati, ha però speso una riga su quanto avvenne il 7 gennaio 1978, il giorno in cui Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni persero la vita. I primi due furono due uccisi davanti la sezione locale del Msi con una mitraglietta Skorpion dal sedicente commando dei Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, Bigonzetti è falciato sul colpo, Ciavatta viene freddato con una raffica alla schiena mentre stava fuggendo. Recchioni invece lo fa fuori qualche ora dopo da una pallottola esplosa dai carabinieri accorsi sul posto per contenere il sit in di protesta dei giovani missini, un omicidio, quest’ultimo, che non avrà mai nessun colpevole.

Avevano vent’anni i ragazzi di Acca Larentia, non erano degli assassini, nessuno di loro girava armato e non erano nemmeno noti per essere dei feroci picchiatori, sono vittime, come tanti giovani della parte opposta, dell’insensata guerra civile e del fanatismo ideologico che negli anni settanta ha incendiato l’Italia. È probabile i familiari di Bigonzetti, Ciavatta e Recchioni non apprezzino affatto i «presente!» e i saluti romani, il cupo culto dei morti e la pesante liturgia con cui i camerati celebrano ogni anno la strage di Acca Larentia, ma non possiamo farci nulla perché la memoria di quelle tre giovani vite è stata presa in ostaggio da una storia più grande di loro. Molto più cupi e inquietanti sono invece coloro che si ostinano a puntare il dito contro i fantasmi.