«In relazione ad alcune illazioni apparse oggi su organi di stampa, l’Ufficio Comunicazione della Corte costituzionale precisa che esse sono totalmente destituite di fondamento». Se la Consulta si prende la briga di smentire un articolo di giornale significa che la situazione è abbastanza grave.

Questa mattina, infatti, su Repubblica.it è apparso un pezzo intitolato: «La Consulta dà ragione a Renzi e Ferri, chat e intercettazioni vietate ai pm di Firenze e Perugia senza l’autorizzazione del Parlamento». L’autrice dell’articolo, Liana Milella, è una delle firme più autorevoli del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e se dice di aver intercettato «indiscrezioni» sul caso in questione c’è da fidarsi e fa bene a pubblicarle.

Il problema, semmai, sarebbero gli spifferi eventualmente partiti dalla Corte costituzionale in merito a una sentenza (anzi due) ancora non emessa. I giudici, infatti, si riuniranno domani in udienza per stabilire se i pubblici ministeri della procura di Firenze, titolari del procedimento Open, hanno violato i diritti dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, allegando agli atti dell'inchiesta chat di Whatsapp e email senza chiedere preventivamente l’autorizzazione al Parlamento (come prescritto dalla legge), visto che all’epoca dei fatti il leader di Italia viva era un senatore della Repubblica. Un conflitto d’attribuzione sollevato da Palazzo Madama e ritenuto ammissibile dalla Consulta che domani si riunirà per decidere.

Situazione diversa ma simile quella riguardante Cosimo Ferri, ex parlamentare del partito di Renzi ed ex capo corrente dell’Associazione nazionale magistrati. Nel suo caso è stato il Csm a ricorrere alla Corte costituzionale per conflitto d’attribuzione, dopo aver ricevuto un diniego dalla Camera a utilizzare le intercettazioni tra Luca Palamara e lo stesso Ferri finito sotto procedimento disciplinare a Palazzo dei Marescialli.

Per entrambe le sentenze ci sarà ancora attendere (probabilmente qualche giorno) ma viene da chiedersi come mai qualcuno, tra le mura della Consulta, abbia deciso di anticipare i tempi e rivelare alla stampa quello che sembra essere un orientamento della Corte? Il leader di Italia viva non ha dubbi: l'articolo «è un maldestro tentativo di condizionare il dibattito della Corte costituzionale. Esprimo sconcerto per questo stile che non condivido e auguro un buon lavoro ai giudici della Consulta, la cui decisione è destinata a regolare i rapporti tra il Senato e l'Autorità giudiziaria per i prossimi anni». L’articolo ci sta, gli spifferi meno.