Il Dubbio aveva aperto con l’intervento di Edmondo Bruti Liberati un interessante confronto di opinioni sul tema dei rapporti tra politica ed etica. Nel contesto più generale dei rapporti delle istituzioni tra legislatore, Cassazione e Corti superiori in relazione al potere della Magistratura e ai limiti della politica, avevo svolto alcune brevi riflessioni circoscritte al tema prospettato dall’ex procuratore di Milano con riferimento alla scarsa incidenza dell’etica nella vita pubblica come emerge da alcune recenti vicende che hanno coinvolto personalità politiche e pubbliche di un certo rilievo che risulterebbero condizionate solo dalle iniziative giudiziarie.

Alcuni recenti episodi sui quali i giornali, non solo quelli più attenti alle vicende giudiziarie si sono soffermati, mi hanno offerto lo spunto per alcune riflessioni ulteriori. Credo sicuramente che non solo nella classe politica, ma anche in altri settori della società e nelle istituzioni pubbliche in particolare si possano prospettare questioni morali.

Ora credo che non sia del tutto infondato sostenere come la recente vicenda Palamara abbia evidenziato che solo a seguito di un’indagine di rilievo penale (anche a prescindere dai suoi esiti) si siano prospettate alcune questioni non del tutto inedite agli addetti ai lavori, a prescindere dal fatto che le ultime possano ritenersi più gravi delle precedenti. Lungi da me, avendo fatto parte di alcuni di questi meccanismi, peraltro notissimi, sollevare questioni, tuttavia non mi è sembrato che, al di là della denuncia delle patologie del fenomeno, nessuno abbia sollevato in passato, oltre alle polemiche sulle prassi, pur possibili, particolari obiezioni etiche o di opportunità istituzionale. Indubbiamente solo la vicenda Palamara – penale, sottolineo – ha determinato qualche elemento di novità (dimissioni di alcuni membri del Csm e iniziative dell’Anm che si sono spesso risolte nelle dimissioni del magistrato dall’associazione, così da anticipare gli interventi dei probiviri: non ho potuto seguire tutte le vicende perché le questioni sono state secretate). Si potrebbe dire di più richiamando il pronunciamento della Procura generale, con la decisione di escludere il rilievo disciplinare per alcuni comportamenti.

Anche la magistratura, come la politica e non solo, ha i suoi meccanismi di autotutela sui quali non è necessario insistere tanto sono noti. Tuttavia mentre la politica, il personale politico sono sottoposti ad un serrato controllo della stampa, soprattutto di opposizione – che consente di verificare molte opacità e non solo quelle dei comportamenti – , i magistrati sono sì a loro volta sottoposti al controllo della stampa, ma intanto i giornalisti che si occupano delle vicende giudiziarie sono in numero limitato, e inoltre i magistrati sono più che altro oggetto di dinamiche interne agli uffici non sempre a conoscenza diffusa.

Ancora, il personale politico è sottoposto al controllo elettorale, sia sul piano personale sia con riguardo alla forza politica di appartenenza; il magistrato no. Credo, recuperando le fila del discorso, che anche per la magistratura si ponga un problema che prescinda dalle vicende giudiziarie (a parte il loro esito nei vari organi chiamati ad affrontarle). Credo che sia interesse anche della magistratura, come si è detto per la politica, farsi carico del problema, pena la perdita di efficacia per entrambe della credibilità di una funzione essenziale per una Società Democratica.