Per un quarto di secolo lo ha insultato con tutti i soprannomi del mondo, una listarella fantasiosa e puerile su cui ha costruito la sua carriera di brillante umorista della carte stampata: “Al Tappone”, “Il Banana”, “Lo chiamavano impunità”, “Kim il Silvio”, “Bellachioma”, “Nanefrottolo”, “Silvio Penico”, “Burlesquoni”, “il Nano di Arcore”. 

E per non farsi mancare nulla il tocco finale, ironizzando sulla beatificazione che gli hanno riservato i media e la politica il giorno della sua morte: “Il porco è diventato bello!”. Ora che Silvio non c’è più come farà Marco Travaglio ad arricchire il prezioso catalogo?

Certo, in attesa del funerale può sempre dilettarsi con il vilipendio di cadavere e nei prossimi anni tenterà qualche incursione nell’oltraggio alla memoria, in qualche spento revival giustizialista, ma vuoi mettere quando c’era Lui? Anni irripetibili, anni che non torneranno più.

Oppure potrebbe dirottare il suo sarcasmo su altri bersagli; qualche tempo fa ne aveva trovato uno che pareva potesse sostituire il Cav: Matteo Renzi altrimenti detto “Il bomba”, “l'ebetino”, “Renzie”. Il giochino è durato qualche stagione, peraltro noiosa e incompiuta come un remake mal riuscito, Renzi è andato via di scena e nessun altro villain sembra apparire all’orizzonte...

Anche se in queste ore ce la sta mettendo tutta per nascondere lo smarrimento e la commozione, dispensandole solite offese e ostentando il suo famoso sorrisetto da talk show, nel fondo del suo cuore Marco Travaglio deve essere molto addolorato per la scomparsa di Silvio Berlusconi, al quale lo legava e lo legherà per sempre una contorta e maniacale forma di passione. Per 25 anni è stato il suo miglior nemico, reale e immaginario, la sua unica ragione sociale, il suo fedele compagno di viaggio, uno con cui litigava anche nel sonno, quasi una seconda pelle.

Mancherà più a lui che ai tanti falsi amici che in queste ore lo stanno celebrando.