Quante volte hai peccato, figliolo? Solo sessanta su cento, padre. Assolto. Non succede nel confessionale, ma neanche nel processo penale, dove vige la norma dell’aggravante per i recidivi. Non per i magistrati, parola del ministro Nordio, per bocca della sua Commissione, quella che ha steso la bozza di riforma dell’ordinamento giudiziario voluta dall’ex ministra Marta Cartabia. Proposta che però pare essersi trasformata in un vero salvagente lanciato nel mare degli errori, dell’incapacità, della pigrizia di certi magistrati, anche quando si siano esibiti in veri accanimenti nei confronti di specifici soggetti o ambienti politici.

Altro che riforma del Csm o chimera di riforma sulla responsabilità civile del magistrato. Qui siamo alla controriforma, alla santificazione eterna nei confronti della casta. Stiamo parlando del mitico “fascicolo del magistrato”, una sorta di esame del dna e della storia professionale di ogni toga contro cui il sindacato dei giudici, l’Anm, ha fatto fuoco e fiamme, e anche uno sciopero quando la proposta fu presentata dalla ministra che ha preceduto Nordio. Certo, il tempo passa e qualcosa è cambiato da quei tentativi “rivoluzionari”. Sarà perché il nuovo guardasigilli ha un passato da pm e non da giudice costituzionale, o sarà anche perché purtroppo in Italia finora nessuno, neanche il garibaldino Berlusconi o il presidente Cossiga che minacciò di mandare i carabinieri al Csm, ha avuto la forza di contrapporsi alla corporazione dei magistrati.

Sarà per un motivo o per l’altro, fatto sta che già l’inizio della formazione della Commissione prometteva poco di buono: su 28 componenti, una sparuta rappresentanza di avvocatura e accademia a fronte di 18 magistrati. Già questa scelta ha molto a che fare anche con la necessità, da parte del governo, di fronteggiare le proteste sulla separazione delle carriere, anche se, a una prima occhiata, non sembrerebbe. Perché è indice di quella prevalenza della corporazione cui le toghe di ogni genere e appartenenza politica stanno attaccate come cozze allo scoglio. Ma basta porre lo sguardo anche solo alla relazione introduttiva del provvedimento per notare quanto la fisionomia della Commissione ha pesato nei contenuti del secondo capitolo su “Valutazione di professionalità del magistrato”. È qui che spunta il fascicolo personale, con impronte digitali e storia professionale di ogni singola toga.

Ed è qui che ogni cittadino che abbia subito un’ingiustizia - sia quelli già risarciti dallo Stato che gli altri rimasti a bocca asciutta solo perché magari nel primo interrogatorio si erano avvalsi della facoltà di non rispondere - ripone le proprie speranze. Quella di vedere per esempio in qualche modo sanzionato chi lo ha tenuto ingiustamente in manette, o ha contribuito a che fosse incarcerato quando non ve ne era necessità. O anche, nel civile, un imprenditore rovinato da una sentenza sbagliata, o il creditore che ha visto prevalere in giudizio il mascalzone che lo aveva derubato, salvo vedersi riconoscere le proprie ragioni quando ormai i buoi della giustizia erano scappati dalla porta lasciata aperta da un giudice incapace o magari semplicemente pigro. Difficile sarà per questi e altri cittadini avere anche questa fetta di giustizia, dal momento che, per la Commissione Nordio fatta di toghe, perché un magistrato sia sanzionato in seguito a scelte che abbiano costituito “grave anomalia”, occorre che lo abbia fatto con una “marcata preponderanza e frequenza”.

Altrimenti è peccato veniale. Anzi, non è peccato per niente, e il peccatore può dormire tra due guanciali. Anche se è stato quaranta o cinquanta volte pigro, o se ha sbagliato completamente la causa o ha perseguitato qualcuno con il carcere o violazioni dei diritti dell’indagato e dell’imputato. “Marcata preponderanza” o “frequenza” di decisioni o richieste sbagliate saranno il criterio, secondo la Commissione togata. Certo, chiunque di noi vorrebbe essere operato da un chirurgo che azzecca il risultato solo 40 volte su cento, o attraversare un ponte costruito da ingegneri geometri e operai che facevano bene il proprio dovere 40 volte sì e 60 no. Molto rassicurante. Certo, scarafaggino a mamma sua pare bellino, e anche chi si contenta gode, per stare sui proverbi popolari. Ma il ministro, il governo e la maggioranza che lo sostiene, a partire da Forza Italia, può accettare uno scandalo corporativo di tal fatta?