Nel febbraio del 2019 l’Agenzia del Farmaco (AIFA) aveva inserito la triptorelina nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale. Un farmaco che, tra gli altri suoi utilizzi, può essere impiegato anche per la disforia di genere nei preadolescenti al fine di sospendere la pubertà per un periodo limitato, al massimo per due anni. Una decisione che ebbe a suscitare una dura protesta sia di alcuni giornali cattolici (Il Foglio, la Verità, Avvenire), sia di Associazioni cattoliche (Associazione Scienza e Vita e Centro Studi Livatino), con contestuali critiche al parere del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) che nel 2018, su richiesta della AIFA, si era pronunciato sulla eticità dell’uso di questo farmaco in determinate circostanze e con particolari precauzioni. E la determina AIFA aveva indicato un percorso basato su queste raccomandazioni.

Molte di queste critiche hanno trovato spazio in talk show mirati al fine di evidenziare i rischi di questo prodotto e portato il senatore Gasparri ad una interrogazione parlamentare e il Ministero della Salute a svolgere una visita ispettiva “ordinaria urgente” da effettuare all’ospedale Careggi di Firenze sulla presa in carico di pazienti con disforia di genere e sulla somministrazione del farmaco. Anche Il parere del CNB non risultava esente da critiche, tanto che il Ministero riteneva opportuno che il nuovo CNB, dove alcuni cattolici favorevoli all’utilizzo etico del farmaco erano stati esclusi, formulasse una nuova indagine in merito all’opportunità della triptorelina.

La relazione del Ministero della Salute sulla visita ispettiva effettuata nei confronti del Careggi ha rilevato il “non corretto recepimento della determina AIFA con particolare riguardo all’obbligo di esigere necessariamente in ogni caso il supporto psichiatrico per l’avviamento al trattamento con triptorelina”. I problemi, secondo gli ispettori, riguardano quindi soprattutto la carenza del sostegno psichiatrico che dovrebbe essere fornito ai minori prima che abbia inizio un trattamento con la triptorelina. Quanto raccomandato è anche previsto nel contestato parere del 2018 del CNB che riteneva opportuno giustificare l’utilizzo del farmaco “ispirandosi ad un approccio di prudenza, in situazioni accuratamente selezionate da valutare caso per caso” e tenendo conto che la diagnosi e la proposta di trattamento provenissero da un’équipe multidisciplinare e specialistica, e che “il trattamento fosse limitato a casi dove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici erano risultati inefficaci”.

Va detto che le critiche mosse al CNB fin d’allora sono frutto di una scarsa conoscenza del parere o di una sua manipolazione a favore di una ideologia culturale mirata a riproporre da parte di correnti estreme cattoliche una battaglia sul gender. È bene, dunque, che venga data una informativa corretta sulla triptorelina, considerato che la sua finalità è quella molto complessa e delicata di bloccare o ritardare lo sviluppo sessuale in adolescenti all’inizio della pubertà che presentano problemi di disforia di genere, ossia vivono forti disagi circa la loro corporeità maschile o femminile ed esprimono il loro desiderio di cambiare sesso.

Il CNB, volutamente tralasciando qualsiasi considerazione sul gender, ebbe a svolgere diverse audizioni con psicologi, endocrinologi e professionisti dell’età evolutiva, valutando i pro e i contro dati dalla somministrazione del prodotto. Questa accurata indagine etico-scientifica ha portato il CNB a giustificare eticamente l’utilizzo di tale farmaco con un approccio di prudenza, da valutare caso per caso. Diversamente da quanto asserito dai giornali sopra menzionati e da quanto si è voluto far credere dal governo, il CNB non ha certo liberalizzato l’uso del farmaco (già peraltro autorizzato anche off label), ma ha ristretto la giustificazione dell’uso in casi da valutare accuratamente in base a precise condizioni, chiedendo ad AIFA il rispetto di tali accuratezze qualora poi ne venisse consentito, come è avvenuto, l’erogabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale.

Il Comitato, in conclusione, ha evidenziato ad AIFA e al Servizio Sanitario Nazionale che il vero problema è la necessità a fronte dello stigma sociale e istituzionale di attenuare attraverso una attenta e prudente somministrazione del farmaco le difficoltà della sofferenza di una popolazione vulnerabile, di aprire una finestra temporale per aiutare la diagnosi complessa di disforia di genere, e soprattutto evitare un rischio più elevato, scientificamente ben documentato, di sviluppare ansia, depressione, abbandono scolastico, isolamento sociale, mancata relazione tra pari, sino ad arrivare ad atti di autolesionismo e suicidio.