Commentando le proditorie manganellate agli studenti di Pisa il ministro Tajani si schiera senza se e senza ma con i poliziotti. E lo fa evocando un mostro sacro della sinistra: «Le forze dell’ordine non si toccano. Sono figli del popolo, non sono figli di radical chic. Pasolini aveva ragione: a Valle Giulia da una parte c’erano i figli del popolo e dall’altra gli studenti».

Al di là della citazione, trita e ritrita, è probabile che lo scrittore friulano non abbia mai pronunciato l’orrida espressione “radical chic” (all’epoca si diceva «i borghesi») ma il significato delle parole pronunciate dal ministro è molto chiaro come chiaro è il cherry picking pasoliniano messo in atto da un po’ di tempo da diversi esponenti della destra italiana che ne prendono pezzi sparsi qua e là nel tentativo di darsi importanza o ragione.

Ad esempio il ministro della Cultura Sangiuliano, che all’ultima festa di Atreju ha annunciato trionfale per il 2025 una mostra su Pasolini e Yukio Mishima o la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni che nella sua fortunata autobiografia cita la poesia Saluto e augurio in cui il poeta prova a dialogare con un giovane fascista: «È l’intellettuale italiano più irregolare del dopoguerra», spiega la premier elogiandone la spiritualità, la religiosità laica vicina a «una destra divina e non materialista». Siamo di fronte a una maldestra appropriazione culturale e politica?

A prima vista sembrerebbe di sì: cosa hanno infatti da condividere un intellettuale eretico, libertario, omosessuale, dichiaratamente comunista e gli esponenti del governo sovranista? È vero che l’operazione di recupero a volte assume le forme sfrontate e strumentali dell’arruolamento, mentre l’idea che l’eredità di Pasolini venga raccolta dallo schieramento “avverso” può suonare come una profanazione, ma si tratta di un riflesso condizionato di una idea ricevuta.

Tutta la sua opera ruota intorno alla critica, ferocissima, della modernità, della società dei consumi che trasforma i cittadini in clienti e polverizza la tradizione e il sentimento del sacro, il «tempo circolare» delle società contadine sostituito e segregato dal tempo lineare dello sviluppo economico e dell’alienazione capitalista, dalla «falsa liberazione del benessere». Se mettiamo tra parentesi le suggestioni e le immagini della terminologia marxista, il nucleo del pensiero pasoliniano non sembra affatto “di sinistra”, al contrario attinge largamente alla morale e ai principi del campo opposto.

Anche sul tema dell’aborto Pasolini si è nettamente distinto dai suoi compagni d’area politica schierandosi contro la sua legalizzazione definita «un omicidio». Parole di un uomo libero e di un pensatore “disorganico”, forse, e non un paradosso, il solo grande intellettuale della destra italiana del dopoguerra.