I giornali lo hanno quasi nascosto, ritenendo correttamente l’avvenimento privo d’importanza, ma la notizia è ufficiale: il Senato ha varato la Commissione antimafia per alzata di mano. Un mese fa ne avevano approvato l’istituzione anche 288 deputati, insieme a un astenuto. Nessun voto contro. Anche allora il fatto fu privo di rilevanza mediatica. La Commissione non fa parte di quelle istituzionali del Parlamento. Venne eletta per la prima volta nel 1963, sessanta anni fa, ma da allora, chissà perché, viene rieletta su proposta di qualcuno ad ogni inizio legislatura.

Non esistono prove che la Commissione sia mai servita a qualcosa contro i fenomeni mafiosi. Se si esclude l’esperienza dell’Antimafia presieduta da Luciano Violante, sulla quale i giudizi peraltro non sono univoci, l’unica cosa chiara è che il suo contributo alla lotta reale contro il fenomeno risulta irrilevante e vago. Talvolta, perfino equivoco.

Già nel 1992, cioè 31 anni fa, Diego Gambetta, uno dei più autorevoli studiosi del fenomeno, teorico della mafia come “industria della protezione privata”, nell’introduzione al suoLa mafia siciliana (Einaudi), firmata da Oxford, da dove Gambetta scriveva e lavorava, annotava: «In passato l’apporto della Commissione non fu privo di ambiguità». Il sociologo polemizzava col fatto che il confronto «tra la ricchezza del materiale» raccolto dalla Commissione era in contrasto «con la povertà delle relazioni parlamentari».

Insomma, i parlamentari dell’antimafia non capivano o nascondevano carte e documenti che illuminavano il fenomeno. E aggiungeva: «Si ha l’impressione che questo istituto - di cui pure fecero parte Cesare Terranova e Pio La Torre, che hanno pagato con la vita la loro lotta alla mafia - sia servito come una palestra in cui le forze del governo permettevano all’opposizione di sinistra (di quel tempo, ndr) di menare pugni antimafia purché rigorosamente nel vuoto». Ma da allora le cose sono peggiorate se si tiene conto dei diffusi e ripetuti giudizi, nei suoi scritti e nelle sue dichiarazioni, di Giovanni Falcone, che sull’argomento sapeva con precisione di cosa parlava. Del resto, ormai da anni, se si escludono gli interventi di qualche presidente pro tempore dell’Antimafia, nessuno più si occupa più di quella Commissione.

La verità è che col tempo l’Antimafia ha radicalmente impoverito la sua funzione fino a diventare una specie di ricovero per notabili parlamentari decaduti o inadatti, pur potenti, a qualsiasi altro ruolo. Il ministro dell’Interno Pisanu ( Fi) cadde in bassa fortuna dopo il voto del 2013? Gli rifilarono la presidenza dell’antimafia. Rosy Bindi ebbe uno scontro feroce con Renzi diventato potente e fu esclusa da qualsiasi avvicinamento al Governo? Diventò presidente della Commissione antimafia. In passato, non se ne ricorda più nessuno, perfino Rifondazione comunista quando iniziò a essere ridimensionata nei consensi, ma aveva ancora voti in Parlamento si vide rifilare la Presidenza dell’Antimafia. Nella passata legislatura il pentastellato Morra, proveniente dall’insegnamento in un liceo, avrebbe voluto saltare direttamente sulla poltrona di ministro dell’Istruzione? Anche lui presidente dell’Antimafia.

Il Dubbio, da quando esiste, a ogni inizio legislatura pubblica questo articolo cambiando le date e qualche nome. La verità è che la Commissione serve per dare una medaglietta a 25 deputati e 25 senatori. In più c’è un posto da Presidente e due da vice. Ci sono le auto, uffici, collaboratori e tutto il resto. Perché mai una politica e un ceto politico in crisi dovrebbe rinunciare a uno strumento che accontenta e tiene buoni un po’ di parlamentari?