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SIGFRIDO RANUCCI GIORNALISTA
“Ma che davvero?”, anzi “davero”, con una erre, come si dice a Roma, Sigfrido Ranucci evoca la censura – addirittura la censura - per una multa da 150 mila euro che il Garante per la privacy ha comminato alla Rai per il servizio che Report ha “dedicato”, si fa per dire, all’ex ministro Sangiuliano e consorte? Davvero qualcuno è ancora convinto che rubare un’intercettazione privata tra marito e moglie, e poi gettarla in pasto alla nazione su un canale pubblico, sia giornalismo d’inchiesta?
Ora, sia chiaro: siamo tutti al fianco di Ranucci quando qualche criminale pensa di intimidirlo piazzando una bomba sotto casa sua, ci mancherebbe. Però non confondiamo le cose. Un conto sono i servizi sulle mafie, sui malaffari, sulle storture del potere. Altro conto è la furia, legittima e privatissima, di una moglie che ha beccato il marito con l’amante.
E allora facciamo nostre le parole di Aldo Grasso, che meglio di chiunque altro ha commentato quel gossip spacciato per scoop: «Ma è giornalismo del servizio pubblico mandare in onda una conversazione tra una moglie furibonda perché tradita e un marito che pavidamente accampa scuse? È uno scoop o solo una mascalzonata? Che cosa c’entra quel dialogo con l’informazione, con presunte irregolarità pubbliche?». Ma che davero, a Ranù!


